1993 (Italia, 2017)

È ripartita l’“operazione nostalgia” di Sky su Mani Pulite con il seguito di 1992 (a mio parere già terrificante, ma non importa), sorprendentemente intitolato 1993. Ora, tralasciamo che gli attori (a parte i caratteristi) non sanno recitare e nemmeno farsi capire mentre parlano; sorvoliamo anche sulla piattezza della trama, che invece di riaprire il dibattito su quegli anni lo chiude definitivamente (cristallizzando la vulgata sul Di Pietro “tribuno della plebe”); dimentichiamo persino i dialoghi da telenovela mal riuscita. Va bene. Rimane però il problema principale, quello che guasta già tutta la prima serie: per dirla in breve, scopano troppo. No, non cominciamo a piagnucolare per la sessuofobia congenita degli italiani, perché la situazione è un po’ più complessa (per citare un film di ambientazione analoga).

Provo a spiegarlo con un esempio: a gennaio dell’anno scorso, quando 1992 venne ritrasmessa su “La7”, una insegnante di liceo che conosco raccomandò ai suoi alunni di guardarlo perché il giorno dopo ne avrebbero discusso in classe. Nel pomeriggio ci sentimmo e per caso si finì per parlare della serie: quando mi informò della sua iniziativa, scherzosamente le dissi: “Spero non vi fermerete a discutere della sequenza iniziale in cui Accorsi s’inchiappetta la prima attrice che incontra”. Lei, una di quelle monache rosse che credono che il sesso sia stato inventato da Berlusconi per sfruttare l’immagine del corpo femminile, andò immediatamente nel panico: “Ma fanno vedere proprio tutto o è solo un’allusione, in un’alcova, mascherata da drappi?” “Credo sia la scena di sesso più esplicita che abbia mai visto in una fiction italiana” (anche se a dir la verità non m’intendo molto né di fiction né di sesso). Poi non so come sia finita… in realtà mi imbarazza anche chiederglielo, perché sospetto che il giorno dopo si sia data malata e in seguito non ne abbia più fatto menzione.

Da questo punto di vista, 1993 promette di essere ancora peggio: solo nelle due prime puntate ci sono state una scena lesbo, un accoppiamento in macchina tra due sieropositivi e infine un altro inchiappettamento (sempre non metaforico). Per venire… al punto: a quale pubblico si rivolgono 1992 e 1993?

Non alle maestre di sinistra (perché il sesso è appunto una creazione del malvagio B.), né in generale agli appartenenti a quell’area per il semplice motivo che sono ultrapuritani, in particolare verso il sesso etero (mentre per quello omo pretendono almeno che non sia pre-matrimoniale).

Non a un pubblico di “destra”, che pensa che Mani Pulite sia stato un golpe o comunque non ama sentirsi colpevolizzato in quanto elettorato.

Chi rimane? Probabilmente solo i feticisti. Ciò spiega perché gli attori più bravi, come ho detto, sono i caratteristi: magari è solo perché effettivamente assomigliano a Di Pietro, Dell’Utri, Berlusconi, Miglio. Del resto va detto che le atmosfere di quegli anni sono rievocate perlopiù attraverso la riproposizione ossessiva di Please Don’t Go e What Is Love, quindi inconsciamente si cerca un contentino almeno nei volti e nelle posture degli interpreti.

Tale caratteristica genera tuttavia un altro tipo di problema: Accorsi, in tutto questo, è totalmente fuori luogo. Non è un personaggio vero, forse verosimile, ma è un volto troppo noto per non spiccare in un contesto di “facce da fiction”. Adesso che in 1993 è infine comparso il convitato di pietra Silvio B. (interpretato da un ottimo Paolo Pierobon), “Leonardo Notte” sembra diventato una specie di viaggiatore nel tempo: ricorda quasi il James Franco di 22.11.63, la miniserie americana ispirata all’ennesimo romanzo di Stephen King su un insegnante che torna negli anni ’60 per salvare Kennedy.

Certo, si potrebbe anche guardare 1993 con questo stato d’animo e lasciarsi suggestionare da una pisciatina o un viaggio in aereo col Berlusca. Così però si torna ancora al feticismo… In fin dei conti, una roba del genere potrebbe guardarla solo uno come me – che però ha sempre qualcosa di meglio da guardare.

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