Seguo con svogliatezza la crisi diplomatica che or ora si sta verificando tra Olanda e Turchia, a pochissimi giorni dalle elezioni che potrebbero portare un estremista di destra (ma “liberale”!) al governo di un Paese europeo.
Come sapete, io parteggio quasi sempre per i turchi, perché mi stanno simpatici e perché poi, come mi dice spesso una mia amica riferendosi al suo popolo: «Se fossimo stati davvero così cattivi, a quest’ora voi sareste tutti mussulmani» (identificando italiani, greci, serbi, croati, romeni e tutti gli altri coi famigerati romei). Potrei sempre risponderle tirando in ballo Dracula (eroe nazionale in Romania), Nikola Zrinski (bano dell’Hırvatistan) e quel mattacchione di Giovanni Hunyadi; invece accetto la provocazione perché tutto sommato mi piace la goliarda neo-ottomana.
Tuttavia mi interesso anche di cose olandesi, pur non provando eccessiva attrazione per questi tizi tutti tulipani e papaveri (ma con un cuore nero, da afrikaner, da ultras del Feyenoord), questi sodomiti, depravati, sessuomani e drogati che però hanno pure dei difetti: per esempio, essere troppo compiacenti nei confronti della Germania (che invece sotto sotto li disprezza e li considera ancora Piraten).
Beh, è proprio per colpa di quella disadattata della Merkel (adorata solo in Italia) che è scoppiato il caos: infatti dopo mesi di provocazioni anti-turche da parte dei tedeschi (vedi la questione del genocidio armeno, le ambiguità sul tema dell’immigrazione, l’incapacità di Berlino di rappresentare gli interessi dell’intera Unione), alla fine i nodi sono venuti al pettine quando è stato impedito a vari ministri turchi di tenere comizi in favore della nuova riforma costituzionale.
La scusa è stata la necessità di evitare “disordini”: se la Germania aveva però l’alibi delle fortissime tensioni tra le sue comunità turche e curde, l’Olanda invece ha agito per puro autoritarismo. Infatti le rivolte “ottomane” a Rotterdam e Asterdam sono state scatenate proprio dalla decisione di impedire al Ministro degli Esteri Çavuşoğlu (si legge Ciavushoolu) di mettere piede nel Paese. Tale “iniziativa” ora sembra coinvolgere persino la Danimarca, e probabilmente tutto il blocco del Nord Europa (che non è stato capace di integrare i “suoi” turchi e adesso vira pericolosamente verso la destra più becera, mentre nessuno ha il coraggio, in particolare dalle nostre parti, di dire una sola parola contro la xenofobia e l’islamofobia settentrionali – perché i razzisti possono essere solo italiani, greci, spagnoli ecc…).
Da entrambe le parti comunque stanno volando parole grosse; Erdoğan lancia a raffica accuse di “nazismo” (e parla dell’Olanda come una “repubblica delle banane”, muz cumhuriyeti) e quelli della CDU lo definiscono “Deposta del Bosforo” (Despot am Bosporus).
Non so bene quale risultato volessero raggiungere i tedeschi (e i loro vassalli austriaci, olandesi e danesi), ma umiliando in tal modo i turchi, costringeranno anche quelli contrari alla riforma presidenzialista a votare “Sì” per questione di orgoglio nazionale. Possiamo biasimarli? A mio parere no, considerando soprattutto che il primo “populista” maggioritario europeo sarà un tizio al cui confronto Salvini sembra monsignor Della Casa, uno che si tinge di biondo per nascondere le imbarazzanti origini (imbarazzanti per lui e il suo elettorato, intendo).
Ecco cosa ci porta in dono le virtù nordiche, a parte le tonnellate di ipocrisia a cui siamo assuefatti da anni (anche questo teatrino anti-Erdoğan ne fa parte): un po’ di sano arianesimo, di razzismo “presentabile”, di islamofobia “securitaria”. Però tutti, europeisti e anti-europeisti, globalisti e sovranisti, merkeliani e lepenisti, dovrebbero ricordare che dall’altra parte c’è un vero leader, uno che è sopravvissuto alle rivoluzioni colorate, alle primavere arabe, ai golpe militari, ai servizi segreti russi, al terrorismo curdo e “islamico”: per sognare una nuova Lepanto, dalle parti europee ci vorrebbe come minimo un Andreotti, o almeno un De Gaulle…