La “letteratura di sinistra” esordisce in questo 2019 con una delle opere più squallide che mi sia capitato di leggere negli ultimi tempi: Il censimento dei radical chic di Giacomo Papi. La trama è talmente imbarazzante che si fa fatica a riassumerla: il governo Salvini (sic) istituisce uno stato di polizia per la semplificazione della lingua italiana e lancia una crociata contro gli intellettuali, spalleggiato da squadracce terroristiche (come la “Brigata Beata Ignoranza”) che vanno in giro a massacrare professori e giornalisti; nel frattempo l’Italia Migliore organizza la “Resistenza” sequestrando ministri e lanciando furgoni sulle folle.
Alla pochezza dell’intreccio non sopperisce peraltro lo stile: le battutine dell’Autore sono così deprimenti che in alcuni passaggi si riesce a immaginarlo mentre ridacchia tra sé e sé, compiacendosi per la sua agudeza. L’intero volume del resto si regge su una barzelletta raccontata male: le continue postille del “Funzionario Redattore” volte a censurare vocaboli e passaggi troppo ostici per l’italiano medio. In un attimo di lucidità anche Papi si rende conto che il giochetto dopo un centinaio di pagine comincia a diventare irritante, e fa dunque sparire l’ispettore linguistico con un espediente altrettanto insipido (si è unito alla “resistenza degli intellettuali”).
Dal punto di vista del “messaggio”, così tanto caro ai sinistrorsi incapaci di scrivere, siamo al di sotto dello schematismo fiabesco: gli intellettuali sono buoni, giusti, ineccepibili; il popolo è bestiale, puzzolente, spregevole. Insomma, il romanzo è una blastata (come dicono gli odierni intellettuali di sinistra) lunga 130 pagine: pura pornografia piddina, dell’unico tipo che un elettorato impotente può permettersi. Sapete di cosa sto parlando: “Bisogna ammettere al voto chi a un quoziente intellettivo sufficiente”; “Salvini è come Voldemort” e qualche altra genialata, tipo il Ministro degli Interni che riceve “il re del Kazakistan” (ihihihi) oppure un impresario brianzolo che lancia “un servizio di finti furti in casa, ingaggiando figuranti romeni” per approfittare della nuova legge sulla difesa varata dal governo (ohohoho).
Non che ci si aspettasse molto da uno scrittore il cui apice artistico –e forse anche esistenziale– è stato la curatela de Il grande libro delle amache di Michele Serra (come viene riportato con malcelato orgoglio nel risvolto di copertina), però qui siamo davvero oltre il cattivo gusto: pura pornografia, come dicevo, proprio nel senso etimologico del termine.
Mi piacerebbe poter dire che la politica c’entra solo incidentalmente e che se una roba del genere fosse stata firmata da un Tabucchi o un Saramago (per dire) sarei stato più clemente: in realtà si constata tristemente che la mediocrità dello stile va di pari passo con quella della “militanza”. Chi vota a sinistra ha bisogno continuamente di identificarsi con una razza superiore, con una élite anche la più strapaesana possibile: non esiste più alcun momento per la riflessione, un piccolo esame interiore, uno di quei autodafé privati che persino gli atei talvolta si concedono. Ecco perché gli intellettuali posticci (quelli che “hanno passato la giovinezza sui libri”) raccontati da Papi sono una involontaria caricatura di se stessi: i loro unici difetti sono una innocua tendenza al pettegolezzo e qualche peccatuccio di gola, ma per il resto sono i santi e gli eroi che salveranno il popolo bue dal nuovo fascismo giallo-verde (anzi solo verde perché i Cinque Stelle nel libro sono “non pervenuti”: forse nel sentire comune piddino c’è ancora la speranza di fagocitarli?).
Concludiamo con una nota inquietante: alla luce del fanatismo manifestato in generale dal clan degli ottimati, risulta non poco sgradevole la rassicurazione dell’Autore che “i fatti narrati in questo libro accadranno”. Intende che un piddino lancerà un camion infuocato contro un comizio leghista, oppure che nascerà davvero in Italia un terrorismo contro gli intellettuali che “citano Spinoza in un talk show”? Se questa roba vi fa ridere, siete morti dentro. Ma rassicuriamoci: è difficile prendere sul serio dal punto di vista politico uno che non riesce a essere credibile neppure da quello letterario.