La dittatura del loisir: perché Titanic ha distrutto l’Occidente

In questi giorni si discute del disastro del Titan, un sommergibile della compagnia OceanGate che offriva escursioni private verso il relitto del celebre transatlantico naufragato nel 1912, e che il 18 giugno è imploso uccidendo tutte le persone presenti a bordo, ovvero due membri dell’equipaggio (Stockton Rush, co-fondatore della OceanGate, e Paul-Henri Nargeolet, ex comandante della marina francese con oltre trent’anni di esperienza in spedizioni sottomarine) e tre “passeggeri” che avevano potuto permettersi il prezzo del biglietto, 250.000 dollari a testa. Essi erano il businessman britannico Hamish Harding, residente negli Emirati Arabi ma sempre in giro per il mondo (è stato anche pioniere del turismo spaziale, avendo l’anno scorso acquistato un posto, sempre a peso d’oro, sulla New Shepard di Jeff Bezos) e l’imprenditore e filantropo pakistano (con cittadinanza britannica e maltese) Shahzada Dawood, che si era portato dietro il figlio diciannovenne Suleman.

Stupisce, in primo luogo, la necessità di apprestarsi a un’impresa così rischiosa per il puro “piacere”: non è un caso che la famiglia di Harding abbia commentato il decesso del proprio caro con le parole “Se ne è andato facendo quel che amava”. Le attività ricreative e ludiche con cui si cerca di riempire il fatidico “tempo libero” sono diventate il primo meccanismo di produzione delle identità individuali. Paradossalmente, se un ricercatore indipendente avesse investito tutti i suoi risparmi per analizzare i resti del transatlantico e stilare una ricerca in grado di rivoluzionare i Titanic studies, la sua scomparsa non avrebbe suscitato una eguale apprensione che il sistema mediatico-politico sta attualmente dimostrando per una masnada di magnaschei che sono scesi in fondo al mar solo perché appassionati di un melodramma di cinque lustri fa inattendibile sotto ogni punto di vista (storico, estetico, morale).

Il Titanic di James Cameron (perché soltanto di questo stiamo parlando) è esso stesso espressione della dittatura del loisir: lungi dal rappresentare in qualche modo un kolossal, il film si appropria di un evento storico per mettere in scena la classica dicotomia tra amour-passion e amore coniugale, dove il primo viene rappresentato come l’apice del romanticismo e il secondo come abisso di squallore. Titanic è il condensato puro del veleno dell’amor de lonh, maschera del Todestrieb freudiano, la “pulsione di morte” che si compiace dell’irraggiungibile, dato in pasto alle masse come coronamento di decenni di melodrammi e telenovele e “uccelli di rovo”. A tal proposito mi piace riportare la trama del capolavoro hollywoodiano così come sintetizzata da un anonimo utente di 4chan (un sito di opinionismo americano):

«Esploratore oceanico, ti ho mai parlato del mio ex fidanzato, Caledon Hockley? Una volta mi ha regalato un viaggio lussuoso a bordo della nave più maestosa creata dall’umanità. Un grande uomo di molte virtù e di successo, che mi coccolava e mi ricopriva di regali costosi, trattandomi come una regina. Mi amava così tanto e in modo così onesto, che proprio questo me lo ha fatto odiare con tutto il mio cuore, tanto da farmi pensare persino al suicidio  per sfuggire alla sua gentilezza e affetto.
Per dimostrargli la mia gratitudine, l’ho tradito con uno straccione perdigiorno che non si lavava da un mese e non aveva mai fatto nulla di interessante in tutta la sua vita. Dopo avergli allargato le gambe, l’ho visto morire orrendamente nelle acque gelide, osservandolo da un pezzo di legno che aveva sì posto per un’altra persona, ma che ho preferito tenere solo per me.
Ti dico questo, perché anche se ho conosciuto quel poveraccio solo per un paio di giorni e ora ho un marito fedele, figli e nipoti affettuosi, ancora oggi l’emozione di commettere adulterio con uno sporco farabutto (solo per mostrare il mio disprezzo a Caledon), e guardare costui agonizzare per ipotermia rappresenta la cosa più bella che mi sia mai accaduta, un qualcosa che regala ancora dei brividi alla mia vecchia vagina.
Ho rubato una delle collane di diamanti più preziose di Caledon, ma non prima di avergli lasciato una lettera piena di insulti velenosi e gratuiti, e dopo esser riuscita a salvarmi. Non gli ho più parlato. Caledon si è ucciso poco dopo per difficoltà finanziarie. Anche se la collana di diamanti vale ancora oggi un’immensa fortuna e ha per te un valore storico significativo, cinque minuti fa ho deicso di buttarla nell’oceano per capriccio. Sapevi che apparteneva al grande re Luigi XVI? Non oso immaginare le peripezie affrontate da Caledon per regalarmerla. Era un bravo fidanzato».

Non sfugga, infine, la corrispondenza tra la nazionalità del magnate perito col figlio (che comunque era stato praticamente costretto a partecipare all’assurda spedizione) e quella di centinaia di immigrati (tutti pakistani) naufragati su un barcone al largo della Grecia. Parliamo di un peschereccio partito dalla Libia che trasportava gente proveniente dall’altra parte del mondo, finita non si sa come a rischiare la vita per andare non si sa dove. Esiste un collegamento misterioso, o forse neppure così tanto, tra i due eventi: come se lo Zeitgeist li rendesse facce di una stessa, abominevole, medaglia.

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