Solidarietà ai camerati di Forza Nuova sgominati dalle gattare filocurde

Forza Nuova sarà in piazza a Milano contro la dittatura sanitaria del ‘succhiasangue’ Draghi, annunciavano minacciose le gazzette l’altroieri: sabato tutti a Piazza Sempione contro il “controllo sociale totale” attuato da Mario Draghi (ma chi si crede di essere, il DVCE?). Bene, vado bello carico con l’intenzione di assistere finalmente a qualche skin che col braccio testo manifesta contro la dittatura (sanitaria), e invece mi imbatto in un flash mob dell’associazione “Non una di meno” contro la Turchia: gattare col vessillo dei terroristi curdi dell’YPG, boomer parapiddini e “sentinelli” assortiti.

A quanto pare stavano manifestando contro la fuoriuscita di Ankara dalla cosiddetta “Convenzione di Istanbul”, uno dei tanti inutili trattati UE dal quale Erdoğan si è sfilato dopo che le associazioni LGBT hanno tentato di fomentare l’ennesima “rivoluzione colorata” contro di lui.

Non ci sono parole per descrivere il cringe. Parole in libertà, fumogeni viola e balletti sulle note di una electro-bachata femminista (o quel che è).

Per carità, uno potrebbe anche accettare il teatrino pensando pietosamente alle centinaia di poveri gatti capitati nelle grinfie di queste aguzzine che riusciranno forse a godersi mezza giornata di tregua. Il problema è che qui il femminismo è usato in chiave puramente strumentale, per poter sfogare un odio irrazionale e insensato nei confronti di Ankara.

“La Turchia continua a uccidere donne”. Non si capisce nemmeno cosa significhi una frase del genere, o per meglio dire si comprende benissimo che i femminicidi non c’entrano nulla e che l’obiettivo è politico (o geopolitico), non morale o umanitario. Un tipico caso di pinkwashing nemmeno tanto celato, se la militante curda che “dirige le danze” non può fare a meno di assumere i toni tipici della Kollektivschuld, la “colpa collettiva”, a dispetto dei propositi così filantropici (anzi, “filoginici”).

D’altro canto, a fronte di tutti gli insulti lanciati contro il “dittatore assassino” Erdoğan, uno potrebbe domandarsi chi sia stato il primo politico a firmare quella Convenzione nel 2011… Esatto, proprio lui. Questo vorrà dire qualcosa: in effetti quelli erano gli anni dorati  in cui la Turchia doveva entrare in Europa e il femminismo assumeva per l’ennesima volta la perfetta funzione di instrumentum regni. Bisogna essere profondamente ingenui, o accecati dalle proprie fantasie politiche, per non vedere come tutta l’operazione sia stata un evidente atto di piaggeria da parte del Presidente turco nei confronti dell’allora entourage obamiano: anzi, per certi versi, lo zelo con cui il “Sultano” si mise a capo dell’iniziativa, in aperto contrasto con i principi a cui la sua azione politica si ispirava, giustifica le critiche che gli stanno piovendo addosso.

Perché tutto sommato, finché si rimane sul terreno della Realpolitik, anche la critica più aspra può essere espressa: ma se si imbelletta la politica internazionale con nuances rosa-verdi-arcobaleno, allora deve subentrare un po’ di sano cinismo. Almeno per cercare di rendersi conto di quel che ci accade attorno senza vivere perennemente in preda all’indignazione, una di quelle affectiones di spinoziana memoria che riduce l’uomo (ma anche la donna) a ignarus, per l’appunto un essere in balia di eventi che è incapace di comprendere.

Nel caso in questione, se proprio in questo momento Erdoğan ha deciso di compiere un atto puramente simbolico (anche perché è la stessa infuocata concionatrice ad aver ammesso nella piazza di cui sopra che la Convenzione non è servita a un bel niente – come del resto qualsiasi iniziativa pensata “in difesa delle donne!”, dato che il femminismo giuridico manca continuamente lo scopo per cui gli esseri umani si danno delle leggi), il motivo non può naturalmente riguardare una recrudescenza del patriarcato o altre fole. Semplicemente, a Washington è cambiato padrone e il panorama internazionale deve mutare di conseguenza.

E dal momento che il buon Biden ha già ben pensato di aizzare le “minoranze sessuali” come punta di diamante delle nuove sortite americane, Erdoğan ha deciso di muoversi in anticipo e far capire che anche lui ha ancora qualche asso nella manica. Il senso puramente politico di tale scelta in fondo è tutto racchiuso nella motivazione ufficiale con cui la Presidenza turca si è sfilata dallo pseudo-trattato: “La Convenzione di Istanbul, originariamente intesa a promuovere i diritti delle donne, è stata dirottata da gruppi intenzionati a normalizzare l’omosessualità: atteggiamento incompatibile con i valori sociali e familiari della Turchia”.

Può sembrare una visione disincantata, ma è sempre meglio che vivere abbaiando alla luna, cioè -sempre per rimanere in tema- credere che, siccome al potere in Turchia c’è un “maschio alfa etero bianco” (beh, sì, i turchi si vedono bianchi), allora tutto il Paese sia invischiato in una sorta di “politica al testosterone”. Invece ogni decisione politica, a cominciare da quella di firmare il trattato più cringe che possa esistere (e poi pretendere la sua applicazione dogmatica da parte di altre nazioni, a partire da avversari come Grecia e Francia) ha un senso che va letto, ancora, in chiave esclusivamente politica, al di là di ogni suggestione (perché anche se talli scelte fossero dettate dall’irrazionalità o da impressioni estemporanee, la questione resterebbe comunque politica, non sentimentale o idealistica).

Beh sti cazzi, l’unica cosa positiva è che avendo su la mascherina non si è potuta vedere la mia espressione di sbigottito disgusto (mi sa che la battuta l’avevo già fatta qui o su Twitter). Solidarietà ai camerati rimpiazzati da delle “lesbicone in salamoia” (cit.); peraltro, a dirla tutta, sulla Turchia i forzanovisti si sarebbero trovati perfettamente d’accordo con le gattare curdofile, anche se lo avrebbero fatto da onesti turcofagi e non da ipocriti femministi: ironia della sorte, o della Realpolitik.

PS: Tornato a casa ho scoperto che la manifestazione di Forza Nuova si è spostata a Piazzale Loreto. Scelta piuttosto infelice, ne converrete anche voi…

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