«Cosa dovrebbe fare la NATO? Escludere la possibilità di utilizzo di armi nucleari da parte della Russia. Ma la cosa più importante, mi rivolgo ancora una volta alla comunità internazionale, come ho fatto già prima del 24 febbraio: bisogna condurre attacchi preventivi, in modo che sappiano cosa accadrà se usano una bomba atomica. E non il contrario, ovvero aspettare che la Russia colpisca e poi dire “tu ci hai attaccati, ora ti colpiamo noi”. Riconsiderare il modo in cui esercita la sua pressione, è questo ciò che la NATO deve fare, riconsiderare le priorità nei modi in cui esercita pressione sulla Russia».
Joe Biden ha invece evocato il rischio di un “armageddon nucleare”, mai così alto dai tempi della crisi dei missili a Cuba nel 1962. “Putin non scherza”, ha affermato il Presidente americano, sulla linea di quanto va dicendo in questi giorni (seppur in direzione opposta) l’ex cancelleria Angela Merkel.
Nello stesso giorno delle dichiarazioni di cui sopra (ieri, giovedì 6 ottobre) la Merkel è infatti intervenuta alle celebrazioni per il 77° anniversario della “Suddeutsche Zeitung” auspicando apertamente il ritorno alla cooperazione tra Unione Europea e Russia nonostante il conflitto in Ucraina. Per l’ex cancelliera “la sicurezza europea all’interno del diritto internazionale raggiungerà i suoi scopo solo coinvolgendo la Russia“, poiché fino a quando ciò non accadrà, “la Guerra Fredda non sarà davvero finita”.
L’ex leader tedesca in questi giorni ha anche ricevuto un premio dall’Agenzia dei Rifugiati delle Nazioni Unite per aver accolto milioni di immigrati in Germania durante il suo cancellierato. Questo fa sospettare che la politica energetica filorussa di Angela, imposta all’intera Unione, sia stata tollerata dagli Stati Uniti in cambio della promessa non scritta di mutare irrimediabilmente la composizione delle società del Vecchio Continente, in una sorta di progetto di ingegneria sociale mascherato da filantropia e umanitarismo. Però ormai è come se parlassimo di un’altra epoca: certo resta il fatto che la stampa internazionale non abbia mai puntato il dito contro la Merkel e che quest’ultima sia ancora considerata alla stregua di una “vacca sacra” (absit iniura verbis), trattamento di favore che non è valso per altri eurocrati di ferro (vedi, per fare un esempio su tutti, Romano Prodi).
Torniamo all’attualità. Non c’è davvero nulla che si possa fare per fermare tutto questo? Elon Musk è intervenuto con un piano di pace che sostanzialmente chiedeva di concedere l’annessione delle varie repubbliche filorusse a Mosca in cambio della cessazione delle ostilità. I diplomatici ucraini lo hanno letteralmente sfanculato, e lui a sua volta ha mandato a fanculo l’account ufficiale del parlamento ucraino (poi cancellando il tweet) che gli ricordava che il Donbass e la Crimea sono e saranno per sempre sotto Kiev.
Fuck off is my very diplomatic reply to you @elonmusk
— Andrij Melnyk (@MelnykAndrij) October 3, 2022
Crimea is Ukraine. Donetsk is Ukraine. Luhansk is Ukraine.
— Verkhovna Rada of Ukraine – Ukrainian Parliament (@ua_parliament) October 3, 2022
Troppe voci evocano o invocano (torniamo a usare questi verbi) l’impensabile, un qualcosa che fino al 24 febbraio 2022 non si aveva l’ardire di concepire neppure nel più recondito angolo della mente. Tuttavia la speranza di poter evitare l’apocalisse atomica, pur ridotta al lumicino, è ancora viva. Sempre giovedì, nel corso di una conferenza stampa a Praga al termine del summit della Comunità politica europea, anche il presidente turco Erdoğan, ha rilanciato la soluzione diplomatica, affermando, con Cicerone, che “la peggior pace è migliore di una guerra” [En kötü barış, savaştan iyidir].
Ah sì, noi a Roma abbiamo i Fratelli d’Italia. E quelli sembra che tifino solo per la peggior guerra.