Ghali è pagato dagli ebrei

L’ottima Linkiesta (talvolta mi linka quindi è ottima) per polemizzare riguardo le simpatie palestiniste di Ghali e il recente conferimento di una targa da parte dell’Associazione Palestinesi in Italia (secondo il quotidiano online una “succursale di Hamas”) droppa una verità scomoda seppur risaputa:

«[La coerenza del cantante] cozza però con i suoi impegni commerciali: la Warner che distribuisce i lavori di Ghali, infatti, fu fondata proprio da quattro fratelli ebrei di origine polacca che successivamente al secondo conflitto mondiale ebbero un ruolo importante nel sostegno alla nascita dello Stato di Israele».


È noto, per l’appunto, che i fratelli Warner, nati Wonskolaser, detengano un posto d’onore, come afferma la Jewish Virtual Library, nella storia e dell’ebraismo internazionale e dello Stato di Israele, in virtù di quella doppiezza (spiace che l’espressione suoni antisemita, ma non saprei come definirla altrimenti) non solo ideologica che contraddistingue da tempo immemore le comunità ebraiche: en passant si può ricordare come ancora oggi la Warner da una parte sostenga negli Stati Uniti le battaglie progressiste più all’avanguardia (ultimamente è infervorata dal blackwashing, cioè la pratica di rimpiazzare tutti gli attori bianchi con afroamericani anche per ruoli che non hanno nulla a che fare con la storia africana), e dall’altra sia in prima linea nel denunciare le “orribili violenze di Hamas”, come ha fatto l’attuale dirigente David Zaslav (anche lui, ça va sans dire, di origini ebraiche).

Mi fa piacere che Linkiesta abbia notato la contraddizione, perché nonostante si stia parlando del Segreto di Pulcinella è comunque coraggioso mettere in atto quello che gli statunitensi definiscono noticing, cioè l’osservazione della profonda schizofrenia (meglio di doppiezza?) delle comunità ebraiche nei confronti delle società in cui vivono e dello Stato di Israele (contraddizione insita nel rapporto tra la loro comunità stessa e i cosiddetti goyim, ma non vorrei allargare il discorso in territori ancor più perigliosi).

La questione antirazziale. Quando gli ebrei erano “compagni di strada”

Ghali può far quel che vuole, può indossare sul palco di Sanremo una kefiah donata da un attivista palestinese che invoca la cancellazione di Israele e accusare lo Stato ebraico di genocidio con tutti che gli fanno l’applauso, e la Warner mai si sognerà anche solo di richiamarlo, figuriamoci “licenziarlo”. Dinamiche simili che del resto si ripetono con gli attivisti di Black Lives Matter, che si rappresentano esattamente come dei palestinesi oppressi dal governo di Washington, ma che la Warner non disdegna di assoldare come consulenti (e nemmeno loro rifiutano i lauti finanziamenti, ovviamente!).

L’exploit sanremese di Ghali appare dunque funzionale all’ebraismo tanto quanto i bombardamenti israeliani: l’importante, per personaggi di questo calibro, è lottare per la Palestina in qualsiasi parte del mondo che non sia Palestina. E naturalmente farsi sponsorizzare dagli ebrei, sempre e comunque. Linkiesta made me do it.

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