La Biblioteca Nazionale di Israele celebra la mafia ebraica

La Biblioteca Nazionale di Israele nel 2019 ha celebrato la fondazione di Las Vegas da parte della mafia ebraica. Un articolo tradotto direttamente dall’ebraico, tutto da leggere! 😉 😉

La città di Las Vegas fu fondata il 15 maggio 1905 nello stato del Nevada. Non era una tipica città americana: nei suoi primi quarant’anni di vita, Las Vegas fu solo una città poco popolata, situata in uno stato desertico e polveroso. Le prime generazioni di coloni della città non avrebbero immaginato il paradiso turistico che sarebbe diventata da lì a poco.

Fu solo nel 1946, alla fine della Seconda guerra mondiale, che gli Stati Uniti entrarono in una nuova era. Se il conflitto aveva arrecato la distruzione totale in gran parte dell’Europa e dell’Asia, l’economia di guerra negli Stati Uniti aveva effettivamente stimolato l’economia dopo il periodo della “Grande Depressione”, portando con sé una prosperità senza precedenti. Il secolo americano si aprì con un fortissimo boom economico, e la classe media poté finalmente godersi la bella vita che fino ad allora era stata riservata solo ai cittadini ricchi: una bella vita che tra l’altro comprendeva attività di dubbia moralità come il gioco d’azzardo, la prostituzione e il consumo di alcol e droghe.

La maggior parte dei luoghi di gioco d’azzardo illegali erano detenuti dal Sindacato nazionale del crimine [indicato nel testo ebraico come “Sindacato Americano”, ndt], un’organizzazione della malavita americana gestita da Lucky Luciano, immigrato italiano, e Meyer Lansky, immigrato ebreo-russo. Le case da gioco e i casinò erano situate in due località principali: Miami e Cuba. Le innovazioni tecnologiche nel settore dell’aviazione avevano reso l’America più piccola, e il fatto che il Nevada fosse l’unico stato degli Stati Uniti in cui il gioco d’azzardo fosse legale lo fece entrare nel mirino degli investimenti della malavita.

Uno dei più brutali protagonisti della malavita americana, Benny “Bugsy” Siegel, partì nel 1941 per esplorare il Nevada nella speranza di trovare un luogo ideale che potesse diventare la capitale legale del gioco d’azzardo del Paese. All’inizio, i primi approcci di Bugsy non portarono a nulla: sebbene avesse identificato Las Vegas come potenziale sede, il proprietario del primo casinò della città rifiutò di cedere la sua quota di fronte alle profferte del gangster ebreo. Alla fine, Bugsy trovò il venditore giusto e, con una combinazione di dollari e minacce, acquistò un piccolo hotel nel centro della città. Meyer Lansky non condivideva l’esuberante ottimismo del suo vecchio socio sul futuro della polverosa cittadina, ma decise di sostenerlo e coinvolgere altri criminali come investitori.

Dal momento in cui iniziò a lavorare al progetto, l’entusiasmo di Bugsy non conobbe limiti: progettò lui stesso le suite di lusso, scelse gli arredamenti (con mobili di pregio) di tutte le camere dell’hotel e assunse i migliori arredatori che il denaro potesse comprare. Soprattutto, investì nel casinò e nel bar, a suo parere le principali fonti di reddito del suo nuovo hotel, il Flamingo.

Già nel primo mese, i timori di Lansky si erano dimostrati giustificati. Sebbene Las Vegas si fosse sviluppata nel corso degli anni, allontanandosi dall’immagine di città “fantasma”, essa non aveva la capacità di attrarre turisti dopo le festività natalizie, in cui cadeva la data fissata per l’inaugurazione. Il Flamingo dovette quindi chiudere nel giro di un mese. Le perdite per gli investitori che si erano fidati di Siegel furono pesanti, e la cosa li fece arrabbiare. Il gangster non lasciò scoraggiare e per rimettersi in sella richiese in prestito ulteriori somme di denaro da banche e investitori, raddoppiando l’investimento tipico (circa un milione di dollari) per un hotel in città. Il finanziamento principale venne ancora una volta da elementi della malavita ebraica. Questa volta, assieme ai soldi, arrivò una avvertenza: il Flamingo avrebbe dovuto restituire l’investimento e generare profitti notevoli, altrimenti…

Bugsy si scrollò di dosso le minacce investendo i soldi in ristrutturazioni aggiuntive nell’hotel, ma il settore dei casinò di Las Vegas si rifiutava comunque di decollare. Inizialmente Bugsy pensava si trattasse di un periodo morto che sarebbe passato, ma quando le perdite si accumularono fu per lui difficile ignorare l’amara verità: la sua attività semplicemente non funzionava. I suoi soci (che sospettavano che Bugsy li avesse pure ingannati in un affare di droga) erano convinti che li derubasse da molto tempo, o semplicemente avesse perso il suo fiuto per il business. Qualunque sia la ragione, Las Vegas era diventata un problema.

Il 20 giugno 1947 la vita violenta Benny “Bugsy” Siegel giunse al termine. Durante una vacanza a Los Angeles, il boss si beccò una pallottola in testa da distanza ravvicinata e morì sul colpo. La foto del suo cadavere fecero il giro degli Stati Uniti e poi del mondo. Nelle settimane e nei mesi successivi all’assassinio, la storia del gangster ebreo che scelse una città polverosa e scarsamente popolata come base del suo impero criminale divenne di pubblico interesse. Nonostante avesse fallito la sua impresa, con la sua morte contribuì a conferire una reputazione di città corrotta e misteriosa di Las Vegas, che la trasformò pochi anni dopo nella Sin City.

Solo nel 1959, dopo la rivoluzione cubana che nazionalizzò i casinò di Lansky e di altri gangster e danneggiò di conseguenza altre attività commerciali a Miami, il capo della mafia ebraica negli Stati Uniti rivolse la sua attenzione a quella città tanto cara al suo defunto socio.

E qual è il punto di vista israeliano nella storia? È noto che Lansky, uno dei leader della malavita americana, contribuì all’insediamento ebraico [yishuv] durante la Guerra d’Indipendenza, e oltre a ciò, negli anni ’70 del secolo scorso cercò persino di immigrare in Israele in virtù della “Legge del Ritorno” nel tentativo di eludere un’inchiesta aperta contro di lui negli Stati Uniti. Lansky visitò Israele diverse volte e durante i suoi viaggi vide del potenziale in Eilat, un’altra città desertica polverosa lontana dal centro del Paese, da trasformare in un paradiso dell’azzardo.

Meyer Lansky visita il Muro Occidentale, nel tentativo di persuadere le autorità per l’immigrazione che fosse solo un ebreo desideroso di tornare alla sua madrepatria

Il governo israeliano respinse la richiesta nel timore che la sua presenza attirasse nel Paese elementi del mondo criminale americano. Eilat ha perso così l’opportunità di diventare la Las Vegas del Medio Oriente? Probabilmente non lo sapremo mai. Lansky, ovviamente, aveva la sua versione da raccontare. In un’intervista con il giornalista Dan Raviv, l’anziano gangster affermò che tutto ciò che desiderava negli anni della pensione era solo di “vivere in Israele come ogni altro ebreo”.


One thought on “La Biblioteca Nazionale di Israele celebra la mafia ebraica

  1. Questa vicenda era stata riportata pure in un dialogo in Padrino parte 2 dove Hyman Roth, figura ispirata a Meyer Lansky, narra proprio dell’assassinio di Siegel chiamato Greene nel film quando Michael Corleone va a Cuba e viene tradito dal fratello .

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