Le guerre civili possono fermare il cambiamento climatico: l’esempio del Congo

In un allucinante editoriale per il mensile americano The Atlantic, un giornalista sostiene che “La guerra in Congo ha mantenuto il pianeta più fresco”, definendo l’effetto positivo sul disboscamento avuto dalle guerre civili nel Paese come una “triste ironia” (R. Andersen, War in the Congo Has Kept the Planet Cooler, 5 dicembre 2023).

Naturalmente l’argomentazione parte bruciando il granello d’incenso all’anticolonialismo, affermando che l’invasione del Congo da parte dell’Impero belga nel XIX secolo abbia portato a un’ampia distruzione della foresta pluviale, ma che al contrario l’instabilità politica successiva all’indipendenza abbia impedito lo “sfruttamento su larga scala delle risorse forestali”.

Grazie alla guerra e agli oltre 5 milioni di morti causati da essa, non c’è stata alcuna espansione agricola della popolazione congolese né sfruttamento delle risorse naturali, una mancanza che ha consentito alle foreste pluviali tropicali nell’area, a differenza di quelle dell’Amazzonia e dell’Asia sud-orientale, di mantenersi relativamente intatte.

Il giornalista, evidenziando la “complessità” della situazione, trova modo di affermare che la fine delle guerre civili nel Congo potrebbe portare per l’appunto a un aumento della deforestazione su larga scala e a un disdicevole miglioramento della qualità della vita della popolazione a discapito dell’ambiente.

Sempre secondo l’editorialista dell’Atlantic, la legislazione già severa sulla conservazione delle foreste adottata dalle autorità congolesi purtroppo non può bastare, perché chiaramente per svilupparsi una nazione deve un minimo avvalersi di quel che la natura le offre. Con giusto paternalismo occidentale (quando c’è di mezzo l’ambiente si può dire di tutto), l’autore suggerisce di imporre una “gestione sostenibile” alle comunità locali, oppure adottare il cosiddetto “sistema di crediti carbonio” che consentirebbe alle società straniere di compensare le emissioni attraverso il sostegno finanziario alla protezione delle foreste. Funzionerà di certo!

Al di là dell’aberrazione rappresentata da un certo tipo di argomentazioni, ormai piuttosto in voga tra gli ecologisti, va ricordato che in una pubblicazione del 2014 dello Smithsonian veniva sostenuta esattamente la tesi opposta, e cioè che le guerre civili nel Congo hanno avuto un impatto negativo sull’ambiente, costringendo milioni di persone a rifugiarsi nelle foreste. Tale esodo ha provocato, tra le altre cose, il dimezzamento della popolazione di gorilla nel Parco Nazionale di Kahuzi-Biega a causa del bracconaggio, pratica che ha colpito anche i bonobo, altra popolazione diminuita drasticamente durante gli anni di conflitto.

Attraverso l’analisi di immagini satellitari di due aree protette nel nord del paese, gli studiosi hanno potuto valutare l’estensione della deforestazione causata dalla migrazione della popolazione umana. Si è osservato che la deforestazione durante il periodo 1990-2000 è stata più del doppio rispetto al periodo 2000-2010. Le immagini hanno mostrato un aumento di piccole aree di deforestazione isolate, fenomeno che indica come le persone si siano appunto insediate nelle foreste durante i periodi di conflitto.

Quindi non si capisce a che gioco stia giocando la grande stampa internazionale, nel momento in cui avanza una argomentazione palesemente falsa ma che sembra tra le righe guardare con favore (o almeno con “triste ironia”) alla necessità di sterminare gli esseri umani per salvare l’ambiente.

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