Soll denn nun auch alles Erotische entzaubert werden? In was für langweiligen Zeiten leben wir eigentlich?
(Slavoj Žižek, “Neue Zürcher Zeitung”, 14 marzo 2019)
Le femministe vogliono liberare il corpo femminile dalle stimmate del patriarcato: anche la vulva deve essere “riconquistata”. Ma i metodi di questa “lotta di liberazione” non hanno alcun senso.
La lotta contro il sessismo (reale, e presunto) è stata a lungo al palo. Le femministe nel frattempo hanno invocato la fine di ogni feticismo riguardo il seno femminile. Proprio loro! In pratica dovremmo considerare il seno come una parte normale del corpo femminile: per questa lotta contro i capezzoli liberati, le donne organizzano persino marce di protesta nelle città più importanti. L’obiettivo qui è ovviamente l’Ent-Erotisierung, la ri-normalizzazione del corpo femminile.
Se proseguiamo per questo filo, giungiamo a una nuova questione: l’oggetto sessuale deve essere demistificato in se stesso. Tale disposizione la si nota nei libri di Laura Dodsworth: dopo che la fotografa aveva pubblicato due opere con ritratti di peni e seni, ora nel suo nuovo libro ha fotografato 100 vagine, affermando che “la vulva è spesso associata all’attività sessuale, ma noi abbiamo esaltato temi che sono decisamente poco sensuali: mestruazioni, menopausa, infertilità, aborti, gravidanza, parto, cancro”.
L’oggetto misterioso
Presto verrà pubblicato Vagina: A Re-education della britannica Lynn Enrights; il bestseller di Liv Strömquist Il frutto della conoscenza (sottotitolo: Vulva vs. Patriarchy and with stabs at Freud) si occupa della vulva e delle mestruazioni; c’è anche un musical britannico intitolato Vulvarine. I cosiddetti live-events in cui viene recuperato il corpo godono di grande popolarità, dai corsi di “positività corporea” ai “seminari di esplorazione della figa”.
È davvero un progresso? In tal caso, dovremmo costantemente adempiere a tale scopo e demistificare e defecare gli escrementi. Potremmo evocare la scena di Le fantôme de la liberté di Buñuel, in cui le funzioni di mangiare e andare in bagno sono invertite: le persone si siedono intorno a un tavolo nei loro servizi igienici, conversano e mangiano qualcosa, ma poi chiedono in silenzio, vergognandosi della governante: “Dov’è la sala da pranzo?”
L’argomento alla base di questo fenomeno è chiaro: la feticizzazione maschile della vagina come ultimo oggetto misterioso del desiderio (maschile) deve essere superata. Invece, la vulva per le donne deve essere riconquistata, in tutta la sua complessità, libera dai miti sessisti.
Bisogni banali
Cosa c’è di sbagliato in questo? Torniamo a Buñuel: molte delle sue opere affrontano lo stesso tema: nelle stesse parole di Buñuel, “l’inesplicabile impossibilità di soddisfare un bisogno semplice”. Ad esempio, in L’Age d’or una coppia vuole fare sesso, ma viene ripetutamente interrotta da inconvenienti senza senso; in Ensayo de un crimen l’eroe vuole commettere un omicidio, ma tutti i tentativi falliscono; in El ángel exterminador un gruppo di giovani ricchi dopo una festa non riesce a uscire di casa; Infine, in Cet obscur objet du désir, viene mostrato il comportamento paradossale di una donna, che, attraverso vari accorgimenti, procrastina ripetutamente l’incontro con il suo vecchio amore.
Cosa c’è di comune in tutti questi film? È impossibile compiere una semplice azione quotidiana quando l’azione occupa il posto impossibile della “Cosa” (esaltata) e quindi inizia a incarnare il sublime oggetto del desiderio. Ma non appena l’oggetto occupa lo spazio proibito e vuoto dell’altro, sorgono una marea di ostacoli insormontabili. La Cosa rimane irraggiungibile.
Perdita di erotismo
Qui dovremmo ricordare la definizione di sublimazione di Jacques Lacan: “Un oggetto è elevato alla dignità della Cosa”. Una cosa o un’azione ordinaria appare improvvisamente, in una sorta di cortocircuito, come l’apparizione dell’impossibile cosa reale. Pertanto, nell’intenso gioco erotico, basta una parola sbagliata, un gesto falso per scatenare una violenta desublimazione. Cadiamo da un momento all’altro dalla tensione erotica alla volgare copula.
Immaginiamo che un uomo, spinto dalla passione erotica, guardi da vicino la vagina della donna amata, tremando, mentre il piacere arriva come previsto. Ma poi succede qualcosa: come se avesse perso il contatto con lei, crolla il piacere erotico e la carne davanti agli occhi appare improvvisamente in tutta la sua realtà volgare, maleodorante, di urina e sudore (si può immaginare la stessa cosa anche con un pene). Quindi cosa succede?
La vagina cessa di essere un oggetto “elevato alla dignità della Cosa” e diventa di nuovo parte della realtà ordinaria. In questo preciso senso, la sublimazione non è l’opposto della sessualizzazione ma è la sessualizzazione stessa.
Desublimazione repressiva
Anche nell’erotismo c’è quindi un piccolo passo tra il sublime e il ridicolo. L’atto sessuale e quello comico si escludono a vicenda. L’atto sessuale rappresenta un impegno intimo per eccellenza, una situazione in cui il partecipante non può mai assumere l’atteggiamento dell’osservatore ironico e distaccato. E per questo motivo, l’atto sessuale può sembrare ridicolo anche a coloro che non sono direttamente coinvolti in esso. L’effetto comico deriva dalla discrepanza tra l’intensità dell’atto e la calma indifferente della vita quotidiana.
Questo ci riporta ai tentativi di “demistificare” la vulva. Per usare un vecchio adagio, quelli che lo fanno non si rendono conto di buttare il bambino con l’acqua sporca. L’attacco delle femministe all’idea della vagina come oggetto feticizzato del desiderio maschile è quindi anche un attacco alla struttura di base della sublimazione, senza la quale l’erotico non esisterebbe – resterebbe solo un noioso mondo ordinario senza più alcuna tensione erotica tra persone. Gli organi “feticizzati” diventerebbe dunque quello che le femministe desiderano: organi del corpo.
Il momento in cui riconosciamo la natura arbitraria della sublimazione (qualsiasi oggetto semplice può essere elevato al livello della cosa impossibile) chiarisce anche che la sublimazione sessuale può essere facilmente liberata dalla presunta mistificazione patriarcale. Ma ciò che otteniamo al posto di questa nuova sfera dell’erotismo è una versione di ciò che Adorno e Horkheimer definirono “de-sublimazione repressiva”: il risultato non è una nuova libertà, ma quella grigia realtà in cui il sesso è completamente soppresso: è questo ciò che vogliamo?
Purtroppo i discorsi da sinstra, a questo punto, si presentano sempre come un ronzio parziale, claudicante, semi-interotto, proveniente del secolo scorso. Non dicono mai niente su questo tempo (al massimo ne confermano le tendeze generali così come appaiono allo sguardo medio, superficiale, frettoloso). I riferimenti, polverosissimi, appaiono naifs, fanno quasi tenerezza. Mi chiedo poi se Žižek abbia mai studiato qualcosa in vita sua.
Beh, ha visto molti film…
Dimenticavo: non ci sono i meri cinefili, cioè gli appassionati di cinema, come gli appassionati di opera lirica (e in fondo tutti sospettano che qui la differenza dai cinofili sia infinitesima). Il Novecento ha inventato pure la “cultura cinematografica”, financo “la musicologia”. Che tristezza. Gli storici futuri non riusciranno a credere ai loro “dati”.
“…è questo ciò che vogliamo?” È quello che vogliono le femministe, e quindi anche le classi dirigenti.
probabilmente si riferiva al pubblico di sinistra, ormai inesistente/immaginario