Elon Musk vuole querelare la più importante organizzazione ebraica del mondo

Elon Musk ha appena annunciato su X/Twitter che “per riabilitare il nome della nostra piattaforma sulla questione dell’antisemitismo, sembra che non abbiamo altra scelta se non quella di intentare una causa per diffamazione contro (ironia della sorte!) l’Anti-Defamation League”.

A suo parere, “sin dalla mia acquisizione di Twitter, l’ADL ha cercato di uccidere questa piattaforma accusando falsamente essa, nonché il sottoscritto, di antisemitismo”, lamentando un calo delle entrate pubblicitaria del 60% “principalmente a causa della pressione dell’ADL sugli inserzionisti (a detta degli stessi)”. Musk è stato anche accusato di aver supportato l’hashtag #BanTheADL affermando di voler fare un sondaggio su di esso (e citando l’opinionista olandese Eva Vlaardingerbroek, definita dalla stampa come “la vichinga dell’estrema destra”).

Naturalmente c’è chi ha pensato bene di rincarare la dose con qualche pensierino ancor più épatant nei confronti della nota organizzazione ebraica americana:

«La vera domanda è: perché gli inserzionisti seguono ADL? Se io fossi, per esempio, la Pepsi, e l’ADL mi dicesse di non fare pubblicità su Twitter, direi chi sei tu per dirmi dove spendere i miei soldi. Qualcuno potrebbe spiegare in che modo la ADL è in grado di esercitare questa enorme influenza sugli inserzionisti?».

X quest’anno aveva già intentato una causa contro un’organizzazione no-profit impegnata a “monitorare l’incitamento all’odio e la disinformazione”, il Center for Countering Digital Hate (CCDH), accusata di aver orchestrato una “campagna intimidatoria per allontanare gli inserzionisti dalla piattaforma” e aver perpetrato “una serie di atti illegali volti a ottenere l’accesso ai dati della piattaforma”. I fondatori hanno tacciato Musk di “bullismo”.

Nei mesi passati l’ADL ha pubblicato un report (Twitter Not Enforcing Its Policies on Antisemitic Content) in cui ha accusato la piattaforma di non aver intrapreso azioni incisive contro l’incitamento all’odio, rilevando che solo il 28% dei post segnalati per contenuti antisemiti fossero stati effettivamente rimossi e sostenendo che “anche se non c’è modo di verificare effettivamente se la società stia riducendo i contenuti antisemiti, abbiamo stabilito che Twitter non è in grado di rimuovere i tweet che violano chiaramente le norme relative all’incitamento all’odio“.

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