Erode è stato il primo premier israeliano

Nella sua ormai classica Storia del popolo ebraico, Cecil Roth descrive la singolare fama che circondò Erode il Grande, in patria considerato un despota crudele ed empio lasciatosi corrompere dai costumi romani, ma nella diaspora visto invece come una sorta di eroe e protettore del popolo ebraico a livello universale:

«Si può dire che il regno di Erode aveva due facce. Da una pare egli era re della Palestina, con i suoi conflitti di uomini e di fedi. Egli cercava di mantenere l’equilibrio, prodigando parzialmente favori agli Ebrei ed ai Gentili, al culto dell’Altissimo da un lato, ai santuari pagani dall’altro. In fatto di religione, egli era per principi un seguace della Legge di Mosè: lo era in maniera incompleta e po’ furtiva, che non lo imbarazzava eccessivamente quando viaggiava lontano o si recava in una città greca. D’altra parte, fuori del Paese egli era considerato il re degli Ebrei e da tutte le parti della Diaspora si guardava a lui per chiamarlo in aiuto in caso di bisogno. Così l’uomo, che nel suo Paese i suoi sudditi ebrei consideravano con orrore, vedeva concentrati su di sé i sentimenti nazionali dei correligionari dell’estero, che egli era sempre pronto ad aiutare e a proteggere».

Questa dialettica mi pare contraddistingua in parte anche la storia moderna della nazione giudaica, probabilmente in maniera più marcata rispetto ad altri popoli a causa della millenaria condizione di esilio e cattività assimilata inevitabilmente nella forma mentis collettiva. È probabile in verità che tale dinamica contraddistingua qualsiasi comunità umana frammentata da una qualche forma di diaspora, eppure nel caso degli ebrei essa sembra racchiudere un sovrappiù di contraddizioni e paradossi.

O forse è solo una percezione dovuta all’instabilità che Israele, oggi come ieri, apporta nel “panorama internazionale” (per così dire). Sviluppare oltre tale paragone potrebbe tuttavia, come al solito, trasformarsi in una provocazione antisemita, quindi lasciamolo qui così com’è.

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