Femminicidio e dissonanza cognitiva: ma cosa vogliono le donne?

Ogni volta che si verifica quel particolare evento chiamato “femminicidio”, l’infosfera italiana si trasforma letteralmente in una gabbia di mattə: invocazioni di sterminio collettivo di una parte del genere maschile (dal quale vengono opportunamente escluse ampie porzioni, e vedremo subito il perché), allestimento di corsi (o campi) di rieducazione, appelli a diffidare di chiunque sia in possesso di un pene, preferibilmente bianco, italiano e cristiano (s’intende il pene), eccetera eccetera.

Per chiarire subito la questione, partiamo dal numero di donne uccise in Italia nel 2023 (che, come è in grado di controllare chiunque, rimane tra i più bassi in Europa): l’Istat ne conta circa un centinaio. Non si può classificare ognuno di questi casi come femminicidio, naturalmente, perché la definizione scientifica del fenomeno afferma quanto segue: si definisce come “femminicida” quel maschio dalla carnagione bianca, italiano da almeno 4 generazioni, professante generalmente la religione cattolica e non includibile in alcuna “categoria protetta” (per citare le espressioni dei Ministeri) né in una minoranza etnica, culturale, sociale, religiosa eccetera eccetera.

Non dico questo per fare ironia, poiché è un dato di fatto che in Italia non è considerato “femminicidio” l’uccisione di una donna da parte di un’altra donna, anche qualora il movente fosse effettivamente di natura passionale (come nel caso in cui il colpevole fosse una lesbica respinta o l’amante del compagno della vittima). Il requisito minimo indispensabile affinché un’uccisione volontaria di una donna possa essere valutata come femminicidio è dunque la presenza di un uomo come carnefice.

Tali accezioni già di per sé fanno scendere il numero di femminicidi effettivi a circa il 30% del numero totale di donne uccise in Italia. Non a caso alcune associazioni, tutt’alto che intenzionate a minimizzare il fenomeno, ne contano meno di una quarantina. A tale cifra vanno poi sottratti i casi in cui il carnefice è un uomo di origini straniere: ecco il motivo per cui non si è sentito parlare, se non nella cronaca locale, degli omicidi (indico solo le iniziali per rispetto delle vittime) di Y.M. (uccisa dal compagno moldavo), I.A. (uccisa dal convivente ucraino), Z.U. (uccisa dal marito albanese), S.R. e B.R. (madre e figlia uccise dal marito marocchino di quest’ultima), D.N. (uccisa dal compagno della Nuova Guinea), J.M. uccisa assieme al presunto compagno di sua madre dal padre di lei (di origine albanese), M.M.C. (diciassettenne uccisa a giugno da un coetaneo cingalese, del quale la stampa non ha ancora divulgato dopo mesi le generalità nonostante sia reo confesso), S.C. (uccisa dall’ex fidanzato italo-marocchino), C.F.M. (uccisa dall’ex compagno di origini turche), V.S. (un finto suicidio che sarebbe stato inscenato dal compagno romeno), R.N. (uccisa da un marocchino che avrebbe avuto una relazione con la vittima), L.C. (uccisa dal compagno marocchino), K.V. (uccisa dal marito albanese), E.K. (uccisa dal marito albanese).

Dal momento che nessuno di questi fatti di cronaca ha interessato i media, la politica e il mondo delle associazioni, è difficile per l’appunto poterli classificare come femminicidi, posto che tale crimine non ha di per sé una definizione giuridica, e neanche politica o sociale, ma perlopiù ideologica e mediatica: di conseguenza anche questi 15 omicidi andrebbero espunti dall’elenco perché non hanno suscitato clamore di alcun genere, principalmente a causa dell’orientamento e degli obiettivi delle varie sigle pseudo-istituzionali interessate a circoscrivere nella maniera più netta possibile le accuse collettive al “genere maschile” al tipo di uomo di cui si diceva sopra (bianco, italiano, cattolico ecc…). Emblematico, da tale prospettiva (ma purtroppo si potrebbero portare decine di esempi), l’assassinio alla fine del 2020 di una imprenditrice etiope uccisa da un suo dipendente ghanese e passata in poche ore a simbolo di una nuova crociata anti-femminicidio a triste caso di cronaca nera.

Inoltre, bisogna considerare che qualora l’assassinio soffra di disturbi mentali e abbia ucciso una donna “in quanto donna” su impulso di essi (di solito tali notizie sono corredate da commenti come “uccisa senza un perché” o “in preda a un raptus”), anch’egli verrebbe automaticamente escluso dal conteggio in quanto rientrante in un’altra categoria protetta, quella dei malati mentali.

Infine, è imbarazzante ricordarlo, ma, sempre analizzando gli episodi avvenuti nel 2023 (il riferimento vale solo per comodità, ma la tendenza è riscontrabile anche in altri anni), è difficile non notare come oltre la metà dei casi si sia verificato nel Sud d’Italia, in località dove esiste forse un qualche residuo di “cultura patriarcale”, se proprio ci si vuole rifare alle improponibili categorie tirate in ballo dai media: eppure, anche qui, si evita di imbastire imbarazzanti analisi pseudo-sociologiche o lanciare accuse collettive per timore che in qualche modo si possa dare l’impressione di avercela con i “terroni”. Di sicuro dei femminicidi occorsi in Sicilia o Campania non si sente parlare per giorni né essi diventano occasione per manifestazioni e appelli, a differenza di quelli che accadono in Lombardia o Veneto.

Ecco quindi che la lista dei femminicidi effettivi, cioè di quelli di cui il sistema politico-mediatico-associazionistico consente di parlare, si contano sulle dita di una mano. Gli archivi dei giornali parlano da sé: della quarantina di casi di femminicidio di cui si è discusso sopra, la stampa ha seguito i processi di meno di una decina, che poi sono esattamente quelli avvenuti nel Nord Italia, in cui il carnefice era italiano e sprovvisto di caratteristiche che lo rendessero suscettibile di essere incluso nelle “categorie protette” di cui sopra. Il sistema sembra pertanto selezionare accuratamente quali vicende siano degne di “uscire dalla cronaca” (per citare un’espressione usata spesso dai commentatori televisivi) e quali no.

Alla luce di tutto ciò, perché tanto isterismo? Perché individui che hanno superato l’adolescenza da anni, se non decenni, trasformano casi di cronaca in bandiere con toni a metà strada tra film d’azione di Serie B e fiction barricadiere di Rai3? Perché si va a cercare il “colpevole perfetto” per potersi sfogare con le accuse collettive? A tali quesiti è difficile dare un’unica risposta.

Da una parte, l’ideologia spiega quasi tutto: bisogna portare avanti in un modo o nell’altro quelle rivoluzioni culturali, iniziate decenni fa, contro l’alienazione, la discriminazione, l’oppressione eccetera eccetera. Le parole all’ordine del giorno, nei frangenti in cui i sistema decide che un caso di cronaca è un “femminicidio”, ultimamente sono sempre le stesse: “educazione al rispetto e all’affettività”. Però, che significano, anche nei termini più astratti possibili? Da una prospettiva post-sessantottina, è arduo credere che una scuola in cui è vietato usare qualsiasi mezzo coercitivo dovrebbe prendersi l’onere di “rieducare” le nuove generazioni: e se il bulletto di turno non vuole imparare certe “frocerie” (gli insegnanti sentono quotidianamente questo tipo di linguaggio e stanno al gioco senza tanti problemi)? Gli si mette una nota? Lo si boccia? Gli si cancella il profilo TikTok? Ma questa per voi è tortura, andiamo…

C’è infine una dimensione più oscura e angosciante dietro il macabro teatrino, e riguarda quel che realmente vorrebbero le donne: nessun uomo (e tanto meno una donna) lo ha mai capito. Qual è il senso di trovarsi immersi in uno psicodramma collettivo, quando è evidente che in Italia non esiste più alcuna “cultura patriarcale”, e forse proprio a causa di ciò è consentito ingigantire ai limiti del delirio paranoico episodi irrilevanti o inesistenti a livello statistico (ma non umano o emotivo, sia chiaro)?

Ogni volta che un singolo e rarissimo caso di cronaca diventa una catapulta per mettere sotto accusa il “genere maschile” (sempre ridotto alle categorie di cui sopra, non lo ripeto più), mi pare che la reazione standard della maggior parte dei maschi, nella vita reale come nei social, sia quella di chiedere scusa, ammettere di essere in quanto uomini peggiori degli animali e domandare in ginocchio punizioni collettive esemplari.

Ma è questo ciò che chiedono le donne, dalle femministe più radicali alle damazze meloniane? A me non pare, poiché se tale fosse l’obiettivo solo un pazzo si rifiuterebbe di ammettere che esso sia stato raggiunto da tempo. Proviamo a fare un esperimento mentale, immaginando che le donne degli ultimi trent’anni vengano proiettate in un’Italia dove era ancora legale, per dire, il delitto d’onore. Se i maschi italiani fossero rimasti gli stessi di allora, e considerando altresì il lassismo del sistema penale attuale (è noto che ai nostri giorni chi si macchia di “femminicidio”, anche se bianco ecc, raramente riesce a stare in prigione per più di dieci-vent’anni), perché oggi non si conta minimo un’uccisione di una donna alla settimana, in un contesto in cui esse a livello di costumi sono libere di fare quel che vogliono, mettere in pratica comportamenti a rischio, lasciare, tradire, umiliare, aggredire, senza subire alcuna conseguenza?

È triste dover constatare che questi fantasmi di maschi bianchi italiani cattolici e patriarcali vengano regolarmente chiamati in causa con toni e argomentazioni che talvolta assumono la forma di una invocazione. Ma più gli uomini italiani frignano e si genuflettono, più vengono accusati di essere assassini e stupratori in incognito o in fieri: quale sarebbe la dinamica celata dietro tale follia? È possibile che questa dissonanza cognitiva sempre più evidente sia espressione di un malessere profondo e innominabile, di una mancanza, almeno a livello ideale, di figure in grado di offrire un senso, anche da una prospettiva totalmente “oppositiva”, all’essere donna oggi?

30 thoughts on “Femminicidio e dissonanza cognitiva: ma cosa vogliono le donne?

  1. “femminicidi effettivi, cioè di quelli di cui il sistema politico-mediatico-associazionistico consente di parlare”. Non solo il sistema politico-mediatico-associazionistico, ma anche ecclesiastico: stasera, durante la preghiera dei fedeli a messa, il prete ha detto: “preghiamo contro i femminicidi e perché gli esseri umani diventino più umani” (sic).
    Comunque, articolo superbo e ficcante: più si indaga e si scava nelle contraddizioni sempre più macroscopiche dell’attuale società in decomposizione, più ci si inoltra nella constatazione della follia e forse nell’irreversibilità di quella decomposizione. Ci toccherà attendere un ipotetico dominio maomettano per ristabilire un minimo di legge naturale?

  2. ci mancava la solita cagata contro il sud. Andava tutto bene fino a lì amico mio. Impagnatiello basta solo leggere il cognome e hanno fatto un casino della madonna. Se al nord siete senza palle non è colpa di noi veraci medbull.

    1. Stai trollando o non hai letto bene, io non ho nulla contro il Sud. Hanno parlato di quel caso perché è accaduto a Milano, se fosse accaduto nella città d’origine dell’assassinio avrebbe fatto la fine degli altri episodi accaduto in Campania o Sicilia. In Italia il vittimismo meridionale concorre a rimpinguare il già ampio elenco dei peccati stabilito dal politicamente corretto, dunque non venirmi qui a fare la lagna. Ed eventualmente leggi due volte prima di commentare.

      1. per lo stupro di palermo leggevo roba contro i terroni ovunque. Non sto trollando, il sud è veramente oppresso e le mafie nacquero in accordo con Garibaldi. Perciò nordocucco statti al tuo posto, intanto mi scopo stacey veneta. Saluti

        1. Mi spiace per i tuoi complessi. Evita di farti troppe fantasie su certi punti, sia sul fatto che io abbia in qualche modo voluto dire qualcosa contro il sud, sia che io sia un “nordocucco”, sia che le venete possano rappresentare un esempio plausibile nel contesto della nostra discussione (forse sarebbe stato meglio chiamare in causa le milanesi odierne, ma lasciamo stare)

  3. Eccellente disamina.
    Vieppiù corroborata dall’unico caso che per un motivo o per l’altro è rimasto per mesi sulla cresta dell’onda delle cronache nere e in cui sono implicate le “minoranze innominabili”.
    Mi riferisco a quello della ragazza pakistana presumibilmente uccisa dalla famiglia con annesso occultamento di cadavere.
    Quello se vogliamo è un caso da manuale di femminicidio per come viene inteso dai media. Eppure, pur non essendo un appassionato frequentatore di cronaca, nonostante ne abbia sentito parlare a profusione più e più volte e a distanza di mesi credo che nessuna delle starnazzanti attiviste abbia mai pronunciato la f-parola a riguardo.
    E sì che le occasioni non sarebbero mancate….

  4. Voi polentoni dovete sciacquarvi la bocca quando parlate del Sud, non è colpa nostra se al nord le donne non vi rispettano. Menomale ci siamo noi ragazzi del mezzogiorno a metterle al loro posto! 😏

  5. è vergognoso che un giornaletto che si auto definisce “di destra” covi sentimenti palesemente antimeridionalisti. Riprovate a scrivere l’articolo con un minimo di rispetto per la dignità Italiana e forse smetterò di usarlo come panacea per i miei problemi di stipsi.

  6. La cosa contro il sud è una stronzata. È solo perchè noi siamo uomini veri e non ce ne frega un cazzo di queste cose, al nord le donne non le toccate manco con un fiore (a toccarle ci pensa Ahmed).

      1. sicuramente sei più virile tu che fai wage slave per pagare il reddito di cittadinanza che giù si godono tra serate e snai. Poi rent-free sto cazzo di rdc, l’hanno pure tolto mi pare.
        Poi amico mio, tu torni a casa dopo 8 ore di lavoro e manco scopi. Che vita di merda fai? Sicuramente alfeo sassaroli dalle marche non è nella posizione di insegnare la virilità a nessuno

        1. A dire il vero ho sposato una pugliese dopo essermi trapanato (ti va bene come vocabolario?) mezzo sudest barese, tant’è che i miei amici terroni mi accusavano di turismo sessuale. Tutte soddisfattissime o tutte grandi attrici. Ma non mettiamola sul personale, io semplicemente trollavo un po’ i neoborbonici che mi fanno molto ridere, loro e il povero Beppe Garibaldi assurto a origine di tutti i mali. La Puglia è una regione simpatica, anche se è quella dove si uccide di più e si legge di meno in Italia. Quest’estate un giornalista spagnolo ha scritto che mentre le donne di Bari (bella città, non bellissima ma simpatica) stanno a lavorare in strada facendo le orecchiette (btw, le orecchiette fanno abbastanza cacare, in ogni caso sono molto sopravvalutate: ci sono mille tipi di pasta più buoni delle orecchiette), gli uomini cazzeggiano al bar bevendo birra (Peroni, I suppose). L’assessora a nonsocosa ha replicato indignatissima che erano luoghi comuni, accusando lo straniero di lesa orecchietta: a suo dire, le orecchiette al sugo sono una tradizione millenaria che va difesa. Il che dimostra paradigmaticamente due cose: primo, la patetica fissazione dell’italiano medio, specie meridionale, con il cibo; toccagli tutto, levagli l’istruzione primaria, ma non parlar male delle orecchiette o degli spaghetti allo scoglio, altrimenti impazzisce. Secondo, l’ignoranza dell’amministratore medio italiota, che non si sente ridicolo a qualificare come millenaria una ricetta che ha un ingrediente entrato nella dieta degli italiani attorno al 1600. Comunque Bari è una città simpatica, eh. Non ha dato i natali a un personaggio di rilievo che sia uno, che so un filosofo, un poeta, uno scrittore, un musicista, un pittore, un imprenditore, uno scienziato: tendenzialmente produce personaggi tipo Uccio De Santis, Gianni Ciardo e Antonio Cassano, gente simpatica, che fa colore in una serata estiva. Forse è colpa dell’oppressione sabaudo-massonica-repubblicana, però altre città della piagnucolosissima Magna Grecia hanno dato al mondo qualche personaggio un po’ più interessante. Togli Bari dalla storia d’Italia e non te ne accorgi nemmeno. Be’, c’è la storia delle spoglie di San Nicola che ci racconta in cosa sono storicamente versati i baresi, ma poco altro. Comunque temo che il (la) Bari resterà in B pure quest’anno. Comunque Alfeo Sassaroli è toscano. Chi non sa chi è Alfeo Sassaroli, peste lo colga.

  7. Vabbè, grazie per le trollate, ad ogni modo non esiste alcun “uomo vero” al sud come si intende nei commenti cui sopra altrimenti il numero di femminicidi, sempre da tale prospettiva, sarebbe incalcolabile. Invece stiamo comunque discutendo di un dato insignificante dal punto di vista statistico, in Puglia come in Piemonte.
    Io non ho alcuna identità nordico-polentona da rivendicare però noto che il vittimismo meridionale è vellicato dal sistema: è un dato di fatto, per esempio, che gli unici cori da stadio considerati “razzisti” e per i quali vengono addebitate multe salatissime alle società di calcio sono quelli contro i napoletani. E’ anche per questo, alla fine, che si evita lo stillicidio, ma è inutile ripetersi.

    1. nessuno trolla, devi renderti conto della realtà dei fatti su sud e nord, per il resto svolgi un lavoro non troppo male. Saluti

      1. Capisco lo svantaggio, ma sto comunque scrivendo in italiano. E quel che ho scritto è che l’enfasi del sistema politico-mediatico-associazionistico non viene posto su certi casi di cronaca che potrebbero far sorgere il sospetto di antimeridionalismo. Cosa c’è di così controverso in tale affermazione? L’esempio sullo stupro di Palermo si riferisce a commenti sui social e non a editoriali o prese di posizione politiche, che comunque avrebbero generato infinite polemiche (ricordo quando un intoccabile come Giuliano Amato parlò di “tradizioni siculo-pakistane”).

        1. giuliano amato era un sicliano in self-hate (ovviamente nato a torino). Probabilmente si odia molto, deve avere dei complessi di inferiorità e forti insicurezze. Doveva farsi piacere dalla sua comunità, perciò è diventato un uncle tom, come i direbbero gli afro-americani per i neri servili verso i bianchi

          1. A parte che potresti utilizzare qualche parola italiana ogni tanto (o almeno evitare di spiegare l’unica espressione comprensibile che hai proferito, Zio Tom, che si usa anche nel Regno delle Due Sicilie), questa polemica comincia a stancarmi. In primo luogo: qual è la tua idea del Sud? Non sono stato io a tirare in ballo i Neoborbonici, ma il riferimento è legittimo perché sono solo loro, in maniera totalmente anacronistica, a presentare un’idea monolitica e idealizzata del “Sud”. Per dire: “Forza Bari”, a te piacciono i napoletani e i siciliani o, senza andare lontano, salentini? Li consideri fratelli sudisti? Quando c’è un derby fai il tifo per il “Sud”?
            A parte le battute, non capisco cosa tu voglia da me: devo censurare qualche parte del mio pezzo per farti interrompere lo sclero? Esattamente dove ho insultato i meridionali? Ripeto, perché qui è evidente che ti sei dimenticato l’italiano a furia di parlare come un amerimutt: io ho detto che il “sistema” non si accanisce contro i “femminicidi” avvenuti a Marsala, Trani, Battipaglia, Ragusa ecc perché si rischierebbero accuse di razzismo antimeridionale. L’esempio che hai portato tu, quello dello stupro di Palermo, non riguarda dichiarazioni di ministre, giornalisti o magistrati, ma commenti sui social che lasciano il tempo che trovano. Se tu invece mi dici che si è parlato di quei femminicidi come si è parlato di quelli avvenuti a Milano e in Veneto per mano di un italiano, allora posso correggere le mie affermazioni, ma devi portarmi qualche esempio: tipo dirmi UN solo femminicidio avvenuto al Sud (di quei pochi che sono avvenuti, ripeto) del quale se n’è parlato per giorni, per il quale si sono organizzate manifestazioni e sfilate e in cui sono intervenuti ministri e giornalisti denunciando la “millenaria cultura patriarcale del maschio siculo-pakistano”. Oppure almeno una dichiarazione di un politico, anche il più estremista dei polentoni, che abbia dato la colpa ai “terroni” per lo stupro di Palermo.

            1. no trimona, sta merda non la leggo tutta. Ho letto le prime due righe e già cascano le palle. Siamo su internet, si usano termini inglesi. Però per te posso smettere

  8. A parte la levata di scudi dei neoborbonici, a dimostrazione della proverbiale suscettibilità meridionale (interessante, comunque: io la vedo come una sorta di emersione – tipo le fotografie aeree che rivelano antiche città sottoterra – di mondi scomparsi, in cui l’onore contava più della vita), la tua disanima sta in piedi. Fa impressione la superficialità mediatica con cui il tema viene sfruttato. Però in effetti, se i numeri citati sono affidabili, si conta proprio un una donna ammazzata alla settimana. Se sia tanto o poco, statisticamente parlando, non saprei; umanamente mi pare sempre troppo. Possiamo sindacare sulla narrazione acriticamente vittimista/colpevolizzante creatasi attorno al cosiddetto femminicidio, ma che siano le donne a doversi preoccupare per la possessività violenta o per gli istinti assassini degli uomini e non viceversa, è comunque un dato di fatto, che si voglia dare la colpa al patriarcato o no, qualunque cosa voglia significare questo benedetto patriarcato. Non è che sia un gran argomento che le donne siano ibere di fare quel che gli pare, lo sono anche gli uomini.

    1. Non credevo odiassi così tanto i terroni da finire per condividere una cosa scritta da me, ma a parte le battute l’argomento de “le donne fanno quel che vogliono” s’intende dalla prospettiva secondo la quale una volta solo gli uomini potevano farlo e loro no in quanto “possedimento” del maschio-patriarca. Per il resto, la retorica adottata negli ultimi anni è sempre più aggressiva e colpevolizzante a livello collettivo, dunque tecnicamente sia io che te dovremmo sentirci “complici” del femminicida. Tu ti senti correo?

      1. Non odio affatto i terroni, non odio nessuno perché è di qui o di lì, di su o di giù, o perché è giallo, nero o verde eccetera. Detesto istintivamente tutte le retoriche identitarie. E detesto il vittimismo. Retorica identitaria e vittimismo sono un cocktail imbevibile, e va detto che la prima si alimenta del secondo. Di converso, non concepisco che si possa detestare o addirittura odiare qualcuno semplicemente in base alla sua identità (motivo per cui mi fa ridere l’ossessione antiebraica, che con tutta evidenza è originaria e in quanto tale priva un fondamento razionale: tutto è un tentativo di argomentare ex-post un’antipatia di cui forse abbiamo psicologicamente bisogno).
        Morale: il piagnisteo neoborbonico mi fa alzare gli occhi al cielo.

        Quanto alle donne, ok, capisco il tuo ragionamento. Ma direi che più che scagionare il patriarcato quello che interessa è evitare che gli uomini non pensino che la donna è una loro proprietà. Mi sento correo? Assolutamente no, ma qui torniamo -per l’appunto – al discorso di cui sopra. Non che io sia un fautore dell’individualismo metodologico, tutt’altro, però sono molto diffidente delle generalizzazioni, soprattutto quando non sono generalizzazioni statistiche ma sono funzionali a una retorica moralistica, che è sempre una retorica colpevolizzante, che è sempre una retorica funzionale a una qualche casta sacerdotale sedicente custode della morale.

    2. non è che se ami il sud sei neoborbonico boh. Si chiama avere tradizioni e una identità cosa che purtroppo al nord sta sparendo. Per fortuna i tirolesi sono ancora forti e per questo hanno la mia stima

      1. Ok rispondo seriamente. Un conto è amare il sud. Un conto è dirsi oppresso e dare la colpa a Garibaldi a 160 dall’unità d’Italia. Il sud borbonico era mille vote più arretrato del centro nord al momento dell’Unità d’Italia, ciò non significa che sia stato necessariamente un vantaggio, in senso economico e culturale, finire sotto i Savoia, ma raccontarsi di un Regno delle due Sicilie felice e prospero prima di allora è prendersi in giro. Basta vedere le statistiche sull’analfabetismo nei primissimi anni post-unitari. A parte che, banalmente, è il forte che invade il debole, motivo per cui ci si deve arrampicare sugli specchi per spiegare che il ricchissimo sud è stato sconfitto dall’arretratissimo nord. I tirolesi sono un caso interessante, perché in effetti hanno un’identità forte e un fortissimo senso di attaccamento al territorio ma, sai, loro riescono in qualche modo ad avere botte piena e moglie ubriaca, perché la tutela delle loro tradizioni gliela paghiamo noi (noi del Nord Italia per lo meno): è bello che i pascoli vengano ancora oggi falciati a mano ma te lo puoi permettere perché per anni ti sono arrivate valanghe di soldi che gli altri si sognano. Be’ sono arrivate anche in Sicilia e se le sono mangiate… ognuno ha le sue tradizioni.

  9. Cosa vogliono le donne oggi l’ha capito lei, l’ho capito io e un bel po’ di maschi, purtroppo ancora pochi. Abbiamo capito qual è il loro scopo finale. Anzi la SOLUZIONE FINALE.
    Ora non mi rivolgo di certo ai quei maschi che hanno deciso di partecipare all’autoflagellazione e al lamento eunuco, su cui preferisco tacere per evitare di inondare quest’articolo di turpiloquio.
    Ormai è chiaro che a noi maschi bianchi etero ci vogliono eliminare per quello CHE SIAMO.
    Ormai è chiaro che questa società progressista figlia della degenerazione egalitarista ha raggiunto il contorno di una psicopatia messianica che vede il sacrificio del maschio bianco etero come viatico per una società libera dal dolore e dalla sofferenza per le donne, i negri, gli omosessuali e trans e altri deficienti umani.
    L’idea di quest’umanità pura, ha tutti gli elementi basilari del pensiero di ogni totalitarismo genocida.
    Pensare di fronte a ciò che purtroppo fanno ancora molti maschi, di affidarsi al ridicolo “Stato di diritto” e di credere ancora in un fantomatica “ragionevolezza” vuol dire avere un’ingenuità e una stoltezza pericolosa.
    Ora dobbiamo decidere. Noi che l’abbiamo capito. Vogliamo accettare fatalmente la nostra condanna, preparandoci al patibolo, senza alcuna minima reazione?
    Vogliamo che ci vengano a “bruciare e distruggerci”?
    Anche, perché mi sa che non è lontano quel giorno.
    P.S.: Sempre rivolto a chi è convinto che sembra fin troppo esagerato ciò che affermo, ecco la bestialità sparata della nuova sorella eroina:
    https://web.archive.org/web/20231119130030/https://www.lastampa.it/cronaca/2023/11/19/news/femminicidio_di_giulia_cecchetin_parlano_i_maschi_filippo_non_e_un_pazzo_ma_un_uomo_come_me_siamo_tutti_responsabili_o-13872378/

    1. Non è questione di genocidio o soluzione finale in sé del maschio europeo (c.d. bianco) cristiano e normale . Questa persecuzione della normalità e degli uomini europei, cioè di coloro che hanno edificato la più grande e alta civilizzazione, è funzionale a un obiettivo finale:
      Il progetto neo-malthusiano di diminuzione della popolazione mondiale, partendo proprio dalla popolazione bianca, già ben lavorata da decenni di inculturazione ed educazione all’odio-di-sé. Nei paesi maomettani e “arretrati” come l’india, questo non attecchisce, per non parlare dei negri.
      La distruzione della famiglia, il neopaganesimo ecologista, la sostituzione etnica e la creazione delle premesse per una guerra permanente tra fazioni razziali/religiose/ideologiche sono progetti paralleli e funzionali al primo: meno famiglia, più insicurezza, meno religione , meno identità, meno futuro = meno figli (e più controllo delle masse da parte dell’oligarchia dell’1% e affiliati.

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