Negli ultimi anni la popolarità del Dalai Lama in Occidente è andata progressivamente declinando: uno dei motivi principali risiede nella “conversione” delle élites a un altro leader spirituale, Papa Francesco, diventato in poco tempo il portavoce ufficiale dei loro desiderata. Per rimarcare la sua spietatezza e umanità, negli ultimi tre anni la “sinistra bianca” (báizuǒ, geniale neologismo inventato dalla stampa cinese per identificare la cricca cosmopolitica e liberal che governa il “mondo libero”) ha provveduto a demolire in modo sistematico l’immagine del povero leader tibetano.
Il metodo è stato particolarmente meschino, perché senza nemmeno avvertirlo del paradigm shift, i giornali hanno cominciato a non fargliene passare una: per esempio, dopo aver ridacchiato per anni alla sua solita battutina “Il primo Dalai Lama donna dovrà avere un aspetto attraente”, di punto in bianco hanno deciso di stroncarlo, facendolo passare per machista e sessista.
La stessa cosa ora accade con la questione dell’immigrazione (e prima o poi salteranno fuori anche i gay): nonostante per anni abbia ripetuto sempre le stesse cose, ecco che improvvisamente, solo per aver affermato durante un intervento in Svezia che «è giusto accogliere gli immigrati, aiutarli, contribuire alla loro educazione, ma essi dovrebbero contribuire a sviluppare i loro Paesi d’origine e tornarvi per ricostruirli», è diventato il nuovo Hitler.
Non è una esagerazione: l’intellighenzia liberal è insorta, tacciando il Dalai Lama di essere «un ex-informatore della CIA, un reazionario estremo che ora sta dando qualche suggerimento razzista ai fascisti europei» (a parlare è un giornalista, non un lunatico –ma una cosa non esclude l’altra–: il link al tweet è qui, ma presumendo la solita repentina cancellazione lo riproduciamo qua sotto):
Gli esempi di giornalisti mainstream corsi su Twitter per etichettare il Dalai Lama come “fascista”, “xenofobo” ed “estremista di destra” sono numerosi; di seguito un corrispondente di “Haaretz” (che invece ha già cancellato):
Non manca molto prima che qualcuno tiri fuori le spedizioni naziste in Tibet e la svastica come simbolo buddhista: ormai è lecito aspettarsi di tutto. Come diceva un antico motto tibetano: Sic transit gloria mundi. Si spera ne abbiano contezza anche i “guru” attualmente sulla cresta dell’onda.