Dal momento che la grande stampa definisce “ricatto” e “minaccia” il fatto che Erdoğan voglia consentire a tre milioni e mezzo di rifugiati siriani di spostarsi verso l’Europa (badate bene, sono gli stessi giornali che quotidianamente ci raccontano che più immigrati ospitiamo più diventiamo ricchi, sani, buoni e longevi) qualora Bruxelles -cioè Berlino- gli impedisse di portare a termine il suo progetto (geo)politico di bonificare il confine turco-siriano e ri-arabizzarlo, allora anche noi non possiamo fare a meno di accennare al “ricatto” curdo, consistente nel disinteressarsi del destino degli ex militanti dell’Isis presenti nelle loro “carceri”.
Dobbiamo infatti ricordare che l’YPG ha trattenuto i nemici non sterminati dai bombardamenti americani e francesi che hanno accompagnato la sua “gloriosa” avanzata evidentemente allo scopo di poterli sfruttare prima o poi come “merce di scambio” sia con Assad che con gli altri Paesi ai quali essi appartenevano (Francia, Germania, Stati Uniti ecc…).
Ora che la Turchia ha perso la pazienza e in qualità di secondo esercito della NATO ha deciso di intervenire, ecco giungere notizie di jihadisti evasi dalle carceri curde: il primo caso è quello della città di al-Qamishli, dove cinque prigionieri avrebbero approfittato di un bombardamento per darsi alla fuga.
Per quanto riguarda il nostro Paese, sarebbero solamente quattro (un uomo e una donna con due figli) gli italiani presenti attualmente (non sappiamo fino a quando) nelle carceri curde: cifra infinitesimale rispetto a quella di altri partner europei, ma che è comunque indice di un potenziale pericolo anche per l’Italia. Come riporta l’Adnkronos:
«Secondo quanto riferito dalla delegazione curda in questi giorni a Roma, sotto il controllo delle forze curde ci sono circa 12mila jihadisti e 70mila loro familiari. “Quando la Turchia entrerà nel Rojava”, la regione gestita dai curdi nel nord est della Siria, “non potremo più controllare i detenuti dell’Isis che attraverso la Turchia si sparpaglieranno in tutto il mondo perché sono cittadini di 52 Paesi“, ha messo in guardia nel corso di una conferenza stampa alla Camera Ahmad Yousef, membro del consiglio esecutivo della cosiddetta federazione della Siria del Nord.
Questi jihadisti, ha sottolineato Dalbr Jomma Issa, comandante delle Ypj, le unità femminili delle Unità di protezione del popolo (Ypg) curdo, sono “molto pericolosi non solo per i curdi, ma per l’intera umanità. Noi non pensiamo di rilasciarli, ma non sappiamo neanche noi fino a quando possiamo sorvegliarli“».
La stampa mainstream fa di tutto per far passare tali dichiarazione come “amichevoli consigli”, ma è difficile non intravvedere anche in esse una forma di ricatto (se vogliamo utilizzare lo stesso metro di giudizio usato nei confronti di Erdogan): o ci aiutate o vi rispediamo indietro i vostri “cittadini onorari” (invece di, come dicevamo, prendersi la briga di riconsegnarli alle legittime autorità siriane che, “ribelli” o meno, sono le uniche che potrebbero nell’immediato farsi carico di un numero così alto di criminali).
Lasciamo però perdere i derby vicino-orientali e concentriamoci sul destino del Vecchio Continente: noi europei siamo forse spacciati? Invece di formare una “Fortezza”, abbiamo creato un colabrodo radical chic ricattabile da qualsiasi angolo del pianeta, da Washington a Pechino, da Damasco ad Ankara, fino a… Kobane!
Sembra proprio che la cara vecchia “Unione” si sia cacciata in una situazione lose-lose: se si mette a difendere -anche solo formalmente- i curdi per ragioni “umanitarie” (cioè credendo di poterli usare ancora come deterrente nei confronti di Erdoğan) si ritrova con i confini assaltati da centinaia di migliaia di disperati, tra i quali non sarà difficile far passare più di un terrorista desideroso di rivalsa.
Se invece decidesse di mascherare una scelta di realismo politico con tutti i piagnistei di circostanza (non dovrebbe riuscire molto difficile a gentaglia come Merkel e Macron) e dunque chiudere un occhio su quel che combinerà Ankara oltreconfine (e, come noto, i turchi esagerano sempre), dovrà comunque assorbire il contraccolpo dei jihadisti “amichevolmente” donati dai curdi: potrebbe forse riuscirci sigillando i confini e sbarazzandosi di tutta l’islamofilia pelosa fiorita negli ultimi anni sulle rivoluzioni fallite, ma a cosa potrà appigliarsi per farlo?
Il buonismo ha definitivamente compromesso le fragili basi di questo proverbiale “colosso dai piedi d’argilla”. Se non altro ora gli “europei” condividono finalmente un destino comune: sono spacciati.