Italian Memories (Elizabeth Butler)

(…from a very early sketch-book…)
The war against Austria had been won. Magenta, Solferino, Montebello—dear me, how those names resounded! One day as we were running along the road in our pinafores near the Zerbino palace, above Genoa, along came Victor Emmanuel in an open carriage looking very red and blotchy in the heat, with big, ungloved hands, one of which he raised to his hat in saluting us little imps who were shouting “Long live the King of Italy!” in English with all our might. We were only a little previous (!) Then the next year came the Garibaldi enthusiasm, and we, like all the children about us, became highly exalted Garibaldians. I saw the Liberator the day before he sailed from Quarto for his historical landing in Sicily, at the Villa Spinola, in the grounds of which we were, on a visit at the English consul’s. He was sitting in a little arbour overlooking the sea, talking to the gardener. In the following autumn, when his fame had increased a thousandfold, I made a pen and ink memory sketch of him which my father told me to keep for future times. I vividly remember, though at the time not able to understand the extraordinary meaning of the words, hearing one of Garibaldi’s adoring comrades (one Colonel Vecchii) a year or two later exclaim to my father, with hands raised to heaven, “Garibaldi!! C’est le Christ le revolver à la main!
Our life at old Albaro was resumed, and I recall the pleasant English colony at Genoa in those days, headed by the very popular consul, “Monty” Brown, and the nice Church of England chaplain, the Rev. Alfred Strettell. Ah! those primitive picnics on Porto Fino, when Mr. Strettell and our father used to read aloud to the little company, including our precocious selves, Shakespeare, Wordsworth, Keats, Tennyson, under the vines and olives, between whose branches, far below the cultivated terraces which we chose for our repose, appeared the deep blue waters of the Sea of seas. My early sketch books are full of incidents in Genoese peasant life: carnival revels in the streets, so suited to the child’s idea of fun; charges of Garibaldian cavalry on discomfited Neapolitan troops (the despised Borbonici), and waving of tricolours by bellicose patriots.
(«La guerra contro l’Austria era stata vinta. Magenta, Solferino, Montebello: povera me, quanto risuonavano quei nomi! Un giorno, mentre correvamo nei nostri grembiulini nei pressi di Palazzo Zerbino, a Genova, su di una carrozza aperta giunse Vittorio Emanuele che pareva arso dal calore, con le sue grandi mani senza guanti, una delle quali levata al cappello per salutare noi diavoletti, che con tutte le nostre forze gridavamo in inglese “Viva il re d’Italia!”. Eravamo un po’ presuntuosetti.
L’anno dopo esplose l’entusiasmo per Garibaldi e noi, come tutti i bambini, diventammo ferventi garibaldini. Ho potuto vedere il Liberatore il giorno prima che salpasse per Quarto, nel giardino di Villa Spinola durante una visita al console inglese. Sedeva sotto un pergolato affacciato sul mare e discuteva col giardiniere. L’autunno seguente, quando la sua fama crebbe a dismisura, realizzai uno schizzo in suo ricordo, che mio padre mi consigliò di conservare.
Ricordo chiaramente uno o due anni più tardi un adoratore di Garibaldi, seppure all’epoca non fossi in grado di capire l’incredibile significato delle sue parole, un certo colonnello Vecchii [sic], escalamare di fronte a mio padre, con le braccia levate al cielo, “Garibaldi!! C’est le Christ le revolver à la main!”.
La nostra vita ad Abaro era poi ripresa, e ricordo la piacevole colonia inglese a Genova di quei giorni, guidata da un console molto popolare, “Monty” Brown, e il gentile cappellano della Chiesa d’Inghilterra, reverendo Alfred Strettell. Ah! Quei picnic selvaggi a Portofino, quando il signor Strettell e nostro padre erano soliti leggere ad alta voce a quella piccola compagnia, che includeva le nostre precoci personcine, Shakespeare, Wordsworth, Keats, Tennyson, tra le viti e gli olivi, attraverso i cui rami, dai campi che avevamo scelto per il nostro riposo, appariva il blu intenso del Mare dei mari.
I miei primi album da disegno sono pieni di episodi della vita contadina genovese: le parate di Carnevale per le strade, così conformi all’idea infantile di “divertimento”, le cariche della cavalleria garibaldina contro le truppe napoletane sconfitte (i disprezzati borbonici), e lo sventolio di tricolori dei patrioti bellicosi»)
(Elizabeth Butler [1846–1933], An Autobiography, 1923; cit. da “Adventures In Historyland”)

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