Questa vignetta, che ho trovato in un libro per ragazzi, nonostante la demonizzazione di Adolf Hitler e del nazismo (ma non è nazista demonizzare il nemico?) affronta tuttavia un luogo comune che esiste da sempre: l’identificazione della cosiddetta “scrittura gotica” col nazismo.
Parliamo, in particolare, del tipo Fraktur, creato dalla cancelleria boema di Massimiliano I e che già nel XVI secolo soppiantò il “tondeggiante” Schwabacher a tutti i livelli sociali, per diventare quasi un simbolo del carattere “appuntito” dei tedeschi.
Questo almeno fino al 1941, quando Hitler decise che il Fraktur era in realtà uno stile di scrittura “ebraico” e impose l’obbligo dei caratteri latini. Se gli italiani non sono però tenuti a conoscere la storia della Germania, diverso dovrebbe essere per i tedeschi (anche se l’aver perso un conflitto mondiale evidentemente incide nell’assoluto disinteresse per le vicende della propria nazione nelle generazioni del dopoguerra): eppure anche da quelle parti è regolare la polemica sullo stile “nazista”.
Casi eclatanti degli ultimi ann sono quelli riguardanti le proteste per lo stemma dello Spezialeinsatzkommando Sachsen (“Unità operazioni speciali della Sassonia”), esistente da decenni ma balzato alle cronache nel 2017 dopo che la minaccia terroristica nel Paese aveva portato l’attenzione dell’opinione pubblica su qualsiasi cosa riguardasse le forze dell’ordine; oppure uno slogan della squadra di calcio del Fortuna Düsseldorf che riprendeva una canzone tradizionale (Wat sind die Farben der schönsten Stadt am Rhein?), per la campagna abbonamenti, appunto in Fraktur.
È vero che il nazismo fece del gotico Fraktur una sorta di “carattere della nazione” per molti anni: i ricercatori che devono muoversi tra le principali opere di propaganda fino al 1941 si imbattono in non poche difficoltà nel dover decifrare tale stile. Qui sotto, un esempio da un volume di Goebbels del 1940 (Signale der neuen Zeit), nel quale il gerarca parla di come Hitler abbia “detronizzato l’individualismo sfrenato” [schrankenlosen Individualism entthront].
Tuttavia, a partire dal cosiddetto “Editto di Bormann”, tutto cambiò: il gotico divenne Schwabacher Judenlettern (“scrittura giudaica Schwabacher”), propagandato dagli ebrei che si erano impossessati delle stamperie, e lo stile “latino” (Antiqua), venne imposto dappertutto, dagli attestati pubblici fino ai cartelli stradali e naturalmente a tutto l’universo editoriale (compresi i libri di Goebbels, che nei suoi diari commentò “Molto bene”, perché finalmente il tedesco sarebbe diventato lingua mondiale, e il giornale di partito “Völkischer Beobachter” – qui sotto due edizioni a confronto).
Adolf Hitler aveva già discusso dei limiti del Fraktur in una dichiarazione al Reichstag del 1934:
„Eure vermeintliche gotiſche Verinnerlichung paſſt ſchlecht in das Zeitalter von Stahl und Eiſen, Glas und Beton, von Frauenſchönheit und Männerkraft, von hochgehobenem Haupt und trotzigem Sinn … Unſere Sprache wird in hundert Jahren die europäiſche Sprache ſein. Die Länder des Oſtens, des Nordens wie des Weſtens werden, um ſich mit uns verſtändigen zu können, unſere Sprache lernen. Die Vorausſetzung dafür: An die Stelle der gotiſch genannten Schrift tritt die Schrift, welche wir bisher die lateiniſche nannten […]“
“La vostra dichiarata intenzione di internalizzazione del gotico non si adatta a questa età di acciaio e ferro, vetro e cemento, bellezza femminile e forza maschile, di alzate di testa ed intenzioni provocatorie… Fra un centinaio d’anni la nostra lingua sarà la lingua europea. Le nazioni dell’est, del nord e dell’ovest che vorranno comunicare con noi impareranno la nostra lingua. Il presupposto per questo: la scrittura denominata gotica dovrà essere sostituita dalla scrittura fino ad ora denominata latina…”
Lo stesso Martin Bormann nel suo “editto”, rimanda al Führer che, “in una conversazione con il Reichsleiter Amann e lo stampatore Adolf Müller” avrebbe stabilito l’Antiqua-Schrift come Normal-Schrift. Il decreto in realtà risolveva un dilemma (“gotico o latino”) che assillava la Germania dal XV secolo e concludeva il percorso storico della scrittura gotica come stile ufficiale tedesco.
Da un momento all’altro tutta l’editoria venne rivoluzionata dal decreto, con ingenti spese, in piena economia di guerra, per l’industria nazionale (le tipografie avrebbe dovuto gettare centinaia di migliaia di tonnellate di tipi di piombo), e persino nelle scuole nel giro di poche settimane le elaborate lezioni di gotico cedettero il passo all’insegnamento dello “stile latino”.
Lo storico Hans Peter Willberg (Die Fraktur und der Nationalismus, 1997) irride alla giustificazione offerta da Hitler della “ebraicità” dello Schwabacher perché alcune famiglie ebraiche avrebbero potuto chiamarsi Schwabacher (da Schwabach, paese vicino a Norimberga) e pone motivazioni squisitamente politiche dietro al scelta: con l’espansione del Reich, nei Paesi occupati il gotico era visto come la scrittura dell’oppressore, mentre i piani di dominio mondiale del Führer ponevano la necessità di utilizzare un tipo “internazionale” per facilitare la comprensione delle comunicazioni naziste da parte dei popoli soggiogati ed eventualmente anche favorire il reclutamento di manodopera straniera.
Non si può tuttavia ridurre la questione a puro e semplice opportunismo: almeno sin dai tempi dei celebri fratelli Grimm, noti per le fiabe ma in realtà fondatori della germanistica, c’era un’importante scuola di pensiero che vedeva nel gotico un fattore di isolamento della nazione dal resto dell’Europa.
Più recentemente, il principe dei tipografi tedeschi, Paul Renner (1878–1956), che fu un oppositore al nazismo, riconobbe comunque di aver influenzato il regime nella polemica contro il Fraktur:
“Lo stesso Führer aveva sempre visto di cattivo occhio il gotico e forse a un certo punto deve aver recepito la lezione del mio Kunst der Typographie (che, infatti, il Partito raccomandava come lettura). […] Fui il primo a oppormi pubblicamente e per iscritto al Fraktur, senza che il Partito me lo impedisse, molto prima del decreto sulla scrittura. E sono orgoglioso che, anche in una dittatura, nessuno ha potuto zittirmi”.
Al contrario, alcuni tipografi “conservatori”, come Fritz Helmuth Ehmcke (1878–1965) e Karl Klingspor (1868-1950) stigmatizzarono la cancellazione d’emblée della scrittura gotica, considerandola un elemento fondamentale dell’identità tedesca, nonché espressione della bellezza e del fascino della germanità.
PS: Nel volume per ragazzi di cui sopra, viene citata invece positivamente la politica della riabilitazione dell’antico alfabeto ungherese da parte del terribile Viktor Orbán, sulla quale abbiamo tradotto un ottimo, seppur critico, articolo che collega il ripristino delle rovás alla “democrazia illiberale” del leader magiaro.
Viktor Orbán: la nuova democrazia illiberale e l’antico alfabeto ungherese