Non ho occasioni per rendermi conto di quanto il delirio social sui cosiddetti “femminicidi” abbia fatto presa sui normaloidi perché ormai non ne frequento più molti: potrebbe anche esser solo una questione di “bolle” e “camere dell’eco”, tuttavia mi pare impossibile che tutto l’isterismo istituzionale, rispecchiato dalle imbarazzanti dichiarazioni di ministri e politicanti (quelli che dovrebbero rappresentare il “ritorno del fascismo”, o roba del genere) non lasci un segno nella cosiddetta “mente alveare” dell’italiota medio.
Sicuramente c’è chi ripete a macchinetta la storia dei “cento femminicidi nel 2023”, con la granitica certezza che le vittime siano tutte “donne uccise in quanto donne” senza preoccuparsi un istante di andare a controllare se tra di esse non ci siano donne uccise da altre donne, madri uccise da figli e figlie, figlie uccise dalle madri, suocere uccisi dai generi, signore uccise da rapinatori e tristi casi di eutanasia “fai da te” (brutta espressione, ma dovrebbe vergognarsi di più chi strumentalizza anche questi). A scanso di equivoci, gli esempi appena fatti non rappresentano mere ipotesi ma la maggior parte dei casi di morti violente di donne classificati come “femminicidi”.
Sorvolando però sulla cosiddetta “narrazione”, che fa acqua da tutte le parti, ciò che mi domandavo è se in questi giorni di sclero totale politico-mediatico-associazionistico in qualche coppia normaloide la femmina abbia chiesto al suo uomo, magari urlando, “Non è che vuoi uccidermi con quel coltello di plastica?” mentre consumavano una cena a base di escherichia coli e salmonella appena fatta arrivare a casa dal rider bangla-magrebino (perché saper cucinare rende le femmine complici del patriarcato), o addirittura lo abbia costretto a inginocchiarsi e chiedere scusa in nome di tutti i maschi (etero cis bianchi occidentali cristiani s’intende).
Penso che qualcosa del genere possa essere accaduto, se non proprio nelle coppie normali, almeno in una di quelle in cui la femmina ha un piedino (probabilmente bruttino) nel mondo dell’infosfera. Un esempio degno di nota da tale prospettiva è rappresentato da una giornalista (il nome non è importante) che su “Today” ci ha regalato uno spaccato della sua vita sentimentale:
«Stamattina il mio compagno mi ha mandato un messaggio di buongiorno. Mi diceva “Spero tu abbia dormito. Ti penso tanto”. Gli ho risposto. “Ho dormito”. E poi “Scusa se sono stata esagerata”. Ieri sera l’ho chiamato per raccontargli la mia giornata, poi ci siamo dati la buonanotte. Dopo qualche minuto l’ho richiamato. Avevo bisogno di spiegargli come stavo. Forse nemmeno questo. Avevo bisogno di dirlo a me stessa, di buttarlo fuori. Così ho fatto una telefonata in cui non era previsto lui parlasse. Doveva solo ascoltare, stare lì e prendersi carico di tutta la colpa che non ha per essere nato maschio.
Doveva solo stare lì a prendersi tutta la colpa di tutti i maschi che non hanno colpa di essere nati maschi. Lui è una persona sensibile e spesso scherziamo sul fatto che è lui la “femmina” della coppia, qualsiasi cosa questo significhi. Ché, in effetti, non significa nulla. È solo un gioco stupido che facciamo, rendendoci conto di quanto sia intriso di un cliché apparentemente innocuo ma estremamente significativo e che fino a ieri non aveva avuto conseguenze. Poi la deflagrazione. Gli ho letteralmente urlato tra le lacrime che lui non potrà mai capire come sto, come stiamo tutte, perché lui “ha il cazzo”. Gliel’ho detto così, senza girarci troppo intorno. “Tu non capirai mai, perché hai il cazzo”. E l’ho pensato e lo penso tuttora. Potrà arrivare fino ad un certo punto, come sta già facendo. Potrò aiutarlo a vedere le cose di cui non si può accorgere da solo. Potrò spiegargli le emozioni e le paure. Ma lui non le potrà mai provare. E io mi stancherò di dover essere io a insegnarglielo.
[…] Stamattina quando ho premuto invio ho pensato “Ma scusa de che? Di aver paura di essere la prossima o che lo siano le mie figlie?”. No. Non sono stata esagerata, piangendo, urlando, disperandomi, gridando che non è giusto, che non sta migliorando, che non migliorerà. Non posso chiedere scusa di aver paura. Non posso chiedere scusa di essere nata donna. Non posso chiedere scusa perché voi siete nati maschi. Ma tu puoi rispondermi “Non sei stata esagerata” e solo così posso sperare che qualcosa cambi. Perché sei tu a volerlo e non perché io ti ho chiesto scusa».
Ok… proviamo a dimenticare per un attimo che questa signora scrive anche per l’Espresso e Il Fatto Quotidiano; ad ogni modo se la “lotta al patriarcato” deve ridursi letteralmente al più squallido degli scleri quotidiani di una d-parola, allora c’è davvero di che demoralizzarsi, perché finora proprio la questione dello “sclero” ha sempre rappresentato il Convitato di Pietra della ginecocrazia occidentale, un problema sentito dall’intera umanità per millenni fino a quando, solo nell’ultima metà del secolo scorso, si è deciso di trasformarlo in un punto cieco ideologico.
Le donne sclerano, sclerano continuamente, e il voto di “bruciare tutto” vale meno come slogan anacronistico di una militanza durata giusto il tempo di un esperimento fallito di ingegneria sociale che come minaccia diretta all’incolumità fisica dei loro concubini, conviventi, fidanzati o ex.
Anche la “femmina” della coppia, il maschio sottomesso e docile (quanto disprezzo malcelato per l’uomo che invocano da sempre), deve sorbirsi il pippone su un patriarcato che lui non ha mai rappresentato e mai rappresenterà, a meno che non colga proprio ora (Se Non Ora Quando?) il giusto pretesto di questo vile sputtanamento pubblico per lasciare una tizia che, con grammatica incerta, lo tratta da assassino potenziale e si dice già “stanca” di insegnarli cosa vuol dire essere una donna che sclera.
Sapete a che assomiglia tutto ciò? A una sorta di “sincronia mestruale” collettiva. Vi ricordate la storia delle donne che vivendo assieme tendono ad avere le mestruazioni in contemporanea? Ecco, forse sta accadendo qualcosa del genere a causa della fomentazione mediatica e dell’isterismo artefatto, introiettato in masse di “eterne ragazze” incapaci di mantenere un minimo di controllo e lucidità.
È sconcertate la rapidità con cui la nostra società riesca giorno dopo giorno a toccare un nuovo abisso di stupidità e infantilismo. L’unica consolazione è che, come diceva C.P.,
“Siamo pieni di vizi, di ticchi e di orrori
– noi, gli uomini, i padri – qualcuno si è ucciso,
ma una sola vergogna non ci ha mai toccato,
non saremo mai donne, mai ombre a nessuno“.