La giornalista russa Marija Pevčikh, Presidente della Fondazione AntiCorruzione (l’organizzazione di riferimento degli sparuti “navalnysti”) e produttrice di un documentario propagandistico su Navalny, ha appena diramato un messaggio nel quale sostiene che la scarcerazione del paladino antiputiniano sarebbe dovuta avvenire esattamente il giorno stesso della sua morte, il 16 febbraio.
Questa rivelazione era già stata fatta dalla Bild e ora tutta la stampa mainstream è costretta a rilanciarla, nonostante la Pevčich, da brava propagandista, abbia già inquadrato la realtà in un frame: sì, è vero, Putin aveva accettato lo scambio tra Navalny e due cittadini americani con Vadim Krasikov (ufficiale russo attualmente all’ergastolo in Germania per aver ucciso un capobanda ceceno); sì, Putin addirittura aveva tollerato l’insistenza di Tucker Carlson nel proporre la liberazione del giornalista americano Evan Gershkovich in un siparietto piuttosto imbarazzante per chi crede che gli Imperi trattino sempre dietro le quinte; sì, c’era pure Roman Abramovich a fare da garante per le trattative, insomma era tutto pronto per spedire Navalny in un esilio dorato oltreoceano quando…
… quando Putin avrebbe deciso di voler passare alla storia come “mafioso pazzo” [безумного мафиозо], tiranno sanguinario e irrazionale che “odiava talmente tanto Navalny da andare contro i propri stessi interessi”.
Qui c’è puzza di bruciato, anzi di gas bruciato, come se fosse esploso un altro Nord Stream. A me sembra invece che le cose siano andate in maniera più semplice: la verità sulla trattativa stava affiorando anche per volontà dello stesso Putin (che altrimenti non avrebbe accettato l’insistenza di Tucker Carlson nel parlare di Gershkovich, che il Presidente russo considera una “spia americana”), ma siccome bisogna impedire ai beoti occidentali di fare due più due, si torna a far girare lo spin (chiedo scusa per l’utilizzo di tali espressioni, ma è la Pevčikh di cui sopra a voler “fare l’americana”) dello “Zar Pazzo”, umorale e impulsivo come il protagonista qualsiasi di una serie Netflix, che di punto in bianco decide di far saltare le trattative facendo uccidere Navalny con una mossa a metà strada tra i pugni di Ken Shiro e lo “schiaffo del soldato” (anche queste tutte panzane smentite per giunta dall’intelligence ucraina, che parla di trombosi).
Sono assolutamente certo che gli occidentali si berranno anche questa, il terreno per la propaganda è sempre più fertile con i quintali di concime depositati nei loro cervelli. Speriamo allora finisca tutto come il solito film americano in cui il cattivo di turno scopre che “il vero nemico siamo noi stessi” e dopo aver dato un pugno allo specchio si ritira in Tibet e dona il Cremlino in beneficienza.
Riesci ancora a incazzarti. Ammirevole.