Sabbatianesimo, antisemitismo e filosemitismo

Voglio rispondere ad alcuni commenti (in maniera generale e indiretta, altrimenti la farei troppo lunga) al mio pezzo riguardante la necessità di nominare l’Ebreo, che ha ricevuto un numero obiettivamente spropositato di visite in virtù della generosa citazione da parte di Boni Castellane:

Certe verità purtroppo non possono essere date in pasto alle masse senza alcune mediazione, altrimenti rischiamo di ridurci come gli americani che leggono due cose su internet e poi vanno in giro a far danni. D’altro canto non è colpa né mia, né tanto meno di Boni, se tutti i “filtri istituzionali” (scuola, politica, religione ecc) sono allo stato dell’arte intrisi di un inconcludente filosemitismo.

L’esempio più recente che mi viene in mente è l’adozione della famigerata “stella gialla” da parte dei cosiddetti no-vax per significare la sofferenza a essi causati dall’imposizione del Green Pass: come avevo commentato a suo tempo (permettetemi di autocitarmi), a persone a cui per trent’anni è stato imposto come riferimento supremo all’ingiustizia universale l’olocausto ebraico, viene tolta la possibilità di esprimere il proprio malessere (che può essere di varia natura, anche ingiustificato) con l’unico strumento culturale che i media, la politica e la scuola hanno messo loro a disposizione.

Al cospetto di certi paragoni, la reazione di una comunità che si fregia di rappresentare un’umanità, o almeno una moralità, superiore, è sempre piuttosto veemente (talvolta, va detto, ai limiti dell’isterismo): sussurrata, è vero, quando si tratta di condannare la comparazione delle sofferenze dei migranti a quelle delle vittime della Shoah; grintosa invece quando qualche sprovveduto si mette in testa di ambientare il Diario di Anna Frank nella Palestina odierna.

Anche da una prospettiva meramente (si fa per dire) cattolica, si può giocare al filosemitismo finché si vuole fino a ridurre come obiettivo escluso del culto il “dialogo tra religioni”, ma rimarrà sempre una differenza irriducibile: quella per cui il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni attacca regolarmente Papa Bergoglio, accusandolo di presentare l’ebraismo come “religione superata, formalista, legalista, senza principi morali nella pratica quotidiana” (la grande stampa si vieta sempre di riportare certe polemiche per motivi tanto ovvi quando patetici). Pensate solo a quanto deve essere profonda e inconciliabile l’essenza delle due religioni, se persino uno come l’attuale Pontefice riesce a passare per “ostile”!

Ad ogni modo, non voglio perdermi in una discussione sulla quale si potrebbero chiamare in causa circa due millenni di bibliografia (almeno fino al 1962, anno in cui la teologia cattolica è divenuta realmente quel “ramo della letteratura fantastica” di borgesiana memoria), ma va detto che chi si professa “tradizionalista” dovrebbe almeno aver presente che l’avvento di Cristo segna un discrimine ineliminabile tra una forma di ebraismo e l’altra, dato che l’eredità del Vero Israele appartiene ai seguaci di Colui che nel Talmud viene apostrofato con epiteti molto poco “cristiani” (si fa per celia). Affermare ciò non significa giustificare pogrom e olocausti, ma chiarire semplicemente il fatto che chi intende rispettare l’ebraismo odierno paragonandolo a quello antecedente alla venuta del Salvatore in sostanza sta legittimando una fede costruita attorno al Suo rifiuto.

Questo discorso, seppur gravoso (e forse ormai noioso), diventa fondamentale nel momento in cui ci si azzarda a parlare, appunto, di sabbatianesimo, e immediatamente si palesano decine di interlocutori “tradizionalisti” o comunque orientati politicamente alla “scorrettezza”, a sbracciarsi per farci sapere che esso è soltanto una “eresia” e nulla a che fare con un presunto ebraismo “ortodosso” o “rabbinico” (talmudico?).

Non sembri provocatorio, a questo punto, ricordare che è lo stesso Gershom Scholem, e non qualche fanatico antisemita, ad aver dedicato tonnellate di pagine al “nichilismo religioso come fenomeno specificatamente ebraico” (tema che dà il titolo anche a un suo studio, Der Nihilismus als religiöses Phänomen, recepito dall’editoria italiana, come di norma, una quarantina d’anni dopo).

Ovviamente lo studioso non presenta il problema dalla prospettiva cattolica di una fede che, avendo respinto il Messia annunciato dai suoi profeti (il quale ha inverato l’ortodossia della religione da cui è sorto), nel corso della storia si è affidata a qualsiasi Barabba in grado di poter cancellare il proprio rifiuto: tuttavia, la questione è cocente ed è inevitabile che il mondo ebraico si interroghi sul perché il proprio messianismo è immancabilmente votato alle “catastrofi senza precedenti” e a “sconvolgimenti rivoluzionari universali” (sempre per citare Scholem). Del resto, i cristiani non vogliono più farlo nemmeno quando, organizzando Pasque “interreligiose” in puro spirito gesuitico-bergogliano, rifiutano di meditare sul perché gli ebrei “ortodossi”, dopo l’avvento di Cristo, abbiano modificato i propri rituali introducendo un “calice del profeta Elia” che è vietato di bere perché il vero Messia “ha ancora da venire”.

Lasciando però da parte qualsiasi dimensione sacra (tanto ormai, proprio grazie ai nostri sacerdoti, siamo tutti dannati), anche il più retrivo e bigotto degli atei potrebbe almeno farsi venire il dubbio su un’ispirazione religiosa celata dietro ideologie all’apparenza così terra-terra, immanentistiche e razionalistiche. Perciò è accettabile (e non il contrario) che Boni Castellane abbia introdotto nel suo lessico l’espressione “sabbatiani” per indicare anche solo chi adotta la forma mentis della “salvezza attraverso il peccato”. D’altro canto, nessuno si sognerebbe di accusare di antisemitismo (ma stiamo a vedere!) chi usasse l’espressione “marrano” per riferirsi a un individuo infido, disonesto e sleale.

Se poi vogliamo dirla tutta, l’idea che il filosemitismo sia la “religione civile” dei nostri tempi è continuamente smentita da manifestazioni palesi di antisemitismo accettate senza batter ciglio dall’occhiuta comunità ebraica: un esempio a cui mi riferisco spesso (si veda qui, qui, qui o qui) riguarda serie televisive americane come “I Griffin” (Family Guy in inglese) o “American Dad”, mandate in onda ormai da decenni in pieno pomeriggio da una rete Mediaset.

Solo per citare il caso più recente, nell’episodio “Storie d’amore e dintorni” (Love Story Guy), tramesso da Italia1 il 25 luglio 2023, viene proposta una parodia del noto film Dirty Dancing in cui gli ebrei sono rappresentati come nasoni, razzisti, tirchi ed esclusivisti. Tale è la cifra della trasmissione, che non è mai riuscita a far sollevare una sola lamentela dallo strabordante universo dell’associazionismo ebraico. Non ci si può nascondere dietro al paravento della satira, dal momento che una parte non indifferente della propaganda antisemita alla quale oggi si guarda con orrore aveva un intento parodistico. E nemmeno si può chiamare in causa una qualche “liberalità” da parte di una comunità che in innumerevoli casi non ha avuto alcuna remora a invocare la censura.

Purtroppo, sorge il sospetto che il motivo di tale atteggiamento contradditorio e doppiopesistico risieda nell’ispirazione di un certo tipo di antisemitismo, che sembra partecipare alla natura del fenomeno del nichilismo religioso nella misura in cui promuove la degenerazione di massa, e sembra perciò tollerato come prezzo necessario da pagare per la “riparazione/perfezionamento del mondo” (Tiqqun ‘olam) secondo la visione sabbatiana.

7 thoughts on “Sabbatianesimo, antisemitismo e filosemitismo

  1. … O non sarà che ogni regime che si sente saldamente al controllo lascia un po di spazio per la “fronda”? Noi italiani lo sappiamo bene, c’è sempre un Bottai che fa lavorare a”Primato” il file for della futura intelligenza antifascista. “.. prende il via l’avventura di Primato, rivista che potè vantare nelle sue file il meglio della cultura dell’epoca, in gran parte poi passata nel campo antifascista. Uomini di grande respiro culturale come Nicola Abbagnano, Michelangelo Antonioni, Giulio Carlo Argan, Dino Buzzati, Carlo Emilio Gadda, Leo Longanesi, Eugenio Montale, Indro Montanelli, Cesare Pavese, Giaime Pintor, Vasco Pratolini, Salvatore Quasimodo, Luigi Salvatorelli, Emilio Sereni, Giuseppe Ungaretti”

  2. I sabbatiani, i Frankisti, odiano anche gli “altri” ebrei e li sterminerebbero.
    Sostanzialmente odiano chiunque non condivida l’inversione del Bene con il Male, da perfetti satanisti.

    1. La mia tesi è che l’ebraismo come religione in sé (inteso nel senso di talmudismo, non della fede da cui è fuoriuscito Cristo) porta potenzialmente a Sabbatai.

      1. iN EFFETTI, Quando Gesù risponde che della Legge IN ETERNO, non passerà nè uno jota, nè un apice, e che Lui è venuto per dare compimento alle Scritture, non per abolirle, si inserisce in un dibbattito che si svolgeva e si svolge tutt’ora Ovvero cosa ne sarà delle Legge quando verrà il Messia?

      2. l’ebraismo come religione in sé (inteso nel senso di talmudismo, non della fede da cui è fuoriuscito Cristo) porta potenzialmente a Sabbatai.
        Di sicuro è una “prima puntata” rinasta senza conclusione.

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