L’attacco degli hacker iraniani a uno dei più importanti finanziatori di Trump

Iran’s Cyber Attack on Billionaire Adelson
Provides Lesson on Strategy
(Bloomberg, 5 gennaio 2020)

Mentre gli Stati Uniti si attendono una rappresaglia per il recente attacco aereo che ha ucciso il generale Soleimani, c’è un businessman americano che può testimoniare in dettaglio quanto accade a chi osa provocare l’Iran.

Nell’ottobre 2013, Sheldon Adelson, magnate dei casinò e generoso finanziatore di politici conservatori e Israele [è talmente filosionista da considerare l’AIPAC troppo “moderato”], in un dibattito a New York suggerì agli Stati Uniti di “mandare un messaggio all’Iran” riguardo alle sue ambizioni nucleari, facendo esplodere una testata nel mezzo del deserto iraniano.

“Volete essere spazzati via? Forza, mettevi in posa”, disse Adelson, poi grande sostenitore del presidente Donald Trump, rivolgendosi direttamente agli iraniani. Queste sparate fecero infuriare l’Ayatollah Khamenei, che consigliò a Washington di “tappare la bocca a certi chiacchieroni”.

Qualche mese dopo, nel febbraio 2014, gli hacker si infiltrarono nelle reti informatiche del casinò di Las Vegas di Adelson. Il violento attacco distrusse circa tre quarti dei server dell’azienda; il costo per il recupero dei dati e la costruzione di nuovi sistemi fu di almeno 40 milioni di dollari. Un anno dopo l’attacco, il principale funzionario dell’intelligence degli Stati Uniti ha confermato che dietro tale operazione c’era Teheran.

Ora l’Iran promette vendetta per Soleimani e gli Stati Uniti si trovano di fronte a un avversario aggressivo che ha tra le sue migliori opzioni proprio la guerra digitale. Gli hacker iraniani nel corso di questi anni hanno infatti reiterato i loro attacchi, prendendo di mira una campagna presidenziale degli Stati Uniti, le università, i giornalisti e persino una diga alla periferia di New York.

“Sono sicuro che gli iraniani hanno già messo in allerta i loro hacker su una serie di obiettivi”, ha affermato James Lewis, vicepresidente senior del Center for Strategic and International Studies di Washington, che supervisiona un programma di sicurezza informatica. “Gli attacchi informatici possono essere allettanti se diretti verso il giusto obiettivo”.

Milan Patel, ex capo tecnico della cyber division dell’FBI (ora impiegato presso una società di sicurezza informatica privata), ha detto di essere preoccupato per quanto potrebbe accadere qualora l’Iran prendesse di mira infrastrutture strategico: “il campo dell’energia elettrica è quello in cui possono causare danni enormi”.

L’Iran non è certo l’unico “cyber avversario” statunitense. La Cina ha sottratto così tante proprietà intellettuali alle società americane, anche attraverso l’hacking, che il direttore dell’FBI Christopher Wray ha accusato il Paese di aver tentato di “mettere sul nostro conto la sua crescita economica”.

Gli attacchi informatici possono anche essere utilizzati in modo sensazionalistico, per suggestionare milioni di americani: in un mondo dipendente dai computer, gli hacker possono sabotare connessioni, reti di trasporto e dighe.

L’Iran è interessato a lanciare questo tipo di attacchi digitali, prendendo di mira alcune delle maggiori banche statunitensi, il primo produttore mondiale di petrolio (l’Arabia Saduita) e l’impero dei casinò di Adelson.

Uno dei segnali di come saranno le “ritorsioni” è rappresentato dall’attacco al sito web del misconosciuto programma della biblioteca federale degli Stati Uniti, violato e vandalizzato con messaggi filo-iraniani e anti-americani. Il sito è stato chiuso.

“In questo momento, non vi è alcuna conferma che questa sia stata l’azione di hacker di Stato”, si legge in una dichiarazione rilasciata dal Dipartimento di sicurezza nazionale. [Credo comunque che gli americani non si siano strappati i capelli alla notizia del sabotaggio del sito di una biblioteca, ndt].

Alla luce delle crescenti tensioni, un grande attacco digitale da parte dell’Iran potrebbe innescare una serie di reazioni “colpo su colpo” [tit-to-tat], portando le due parti sull’orlo della guerra. Gli Stati Uniti hanno le capacità di sabotare centrali elettriche, aerei e porti solo tramite attacchi digitali. Gli hacker e le armi digitali dell’Iran sono meno sofisticate, affermano gli esperti di sicurezza informatica, ma il numero di obiettivi americani a loro disposizione è enorme.

La faida digitale tra Stati Uniti e Iran è ultra-decennale, quando un devastante virus digitale soprannominato Stuxnet paralizzò un impianto di trattamento dell’uranio: quell’attacco venne attribuito a Stati Uniti e Israele.

Gli hacker iraniani hanno lanciato attacchi a partire dal 2011 contro i siti di Bank of America Corp., Wells Fargo & Co. e altri: queste sortite alla fin fine si sono rivelate poco meno che un fastidio per i clienti, anche se le istituzioni finanziarie hanno dovuto spendere milioni di dollari per mantenere i loro siti operativi durante il periodo degli attacchi (che sono durati mesi).

Quei primi attacchi cibernetici sono ora visti come una sorta di “apprendistato”, poiché nel corso degli anni gli hacker iraniani si sono fatti talmente le ossa da poter arrivare a colpire infrastrutture fisiche come condutture e dighe. Nel 2013, hanno infatti violato il sistema di controllo di una piccola diga a Rye, New York, riuscendo ad accedere a informazioni riguardanti i livelli dell’acqua e le impostazioni della diga, ma non potendo azionare le paratoie perché disconnesse manualmente per manutenzione. Non è noto se gli hacker iraniani intendessero davvero aprire la diga.

Più di recente, gli hacker iraniani hanno tentato di infiltrarsi negli account di posta elettronica di un candidato alla presidenza degli Stati Uniti, di funzionari e giornalisti, ha riferito Microsoft Corp. Secondo il New York Times e la Reuters anche la campagna di rielezione di Trump sarebbe stata presa di mira.

Norman Roule, un ex funzionario della CIA che ha anche ricoperto il ruolo di responsabile dell’intelligence nazionale per l’Iran, ha affermato che gli attacchi informatici “aumenteranno quasi sicuramente” nei prossimi mesi. La strategia informatica dell’Iran cercherà probabilmente di raggiungere tre obiettivi: punire gli Stati Uniti, scoraggiarli dagli attacchi futuri e “salvare la faccia”.

James Lewis, del Center for Strategic and International Studies, ha affermato che se gli iraniani decidessero di vendicarsi con un attacco informatico, probabilmente opteranno per un obiettivo il più scioccante possibile: “La questione è se faranno qualcosa di simbolico, come gli attacchi alle banche, oppure qualcosa di più dirompente, come con Sheldon Adelson”.

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