Le moschee colpite o distrutte dai bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza è ancora incalcolabile (le ultime stime vanno da una sessantina a un centinaio): tra le più importanti la Grande Moschea Omari (la più antica della regione, che l’ultima volta fu distrutta dalle orde mongole nel XIII secolo) e la moschea Ibn Uthman, risalente al XV secolo.
In compenso, i soldati israeliani, per la prima volta da vent’anni, sono tornati a pregare nella storica sinagoga di Gaza, risalente al VI secolo d.C.. È giusto ricordare che tale edificio fu scoperto nel 1965 da degli archeologi egiziani e che due anni dopo divenne di proprietà israeliana con l’occupazione di Gaza nella Guerra dei sei giorni, e suoi antichi mosaici vennero spostati nei musei ebraici.
La notizia che i soldati dell’IDF abbiano pregato in quella sinagoga è stata riportata con entusiasmo dai media internazionali, tuttavia per motivi di sicurezza non è stata pubblicata alcune immagine dell'”impresa”.
Wow! For the first time in decades, #Israeli soldiers prayed in the ancient synagogue in #Gaza which was built in the 6th century and where a beautiful mosaic floor depicting King David was unearthed years ago. #Jews have returned to Gaza!!#Israel #Hamas pic.twitter.com/H9huNA7FVM
— Michael Freund (@msfreund) November 7, 2023
Al di là dello sconforto che notizie del genere arrecano, in particolare pensando a quali sarebbero i commenti dei media mainstream se non fossero ebrei israeliani i protagonisti di tali azioni, mi torna in mente un sondaggio che l’americano Pew Research Centre condusse qualche anno fa riguardo alla frequenza della preghiera secondo età, nazionalità, sesso, religione (naturalmente) ecc… Dalla ricerca emerse un dato degno di nota, e cioè che Israele era l’unica nazione considerata “occidentale” nella quale la pratica religiosa era diffusa più tra gli uomini che tra le donne e addirittura l’unico Stato al mondo nel quale gli uomini pregassero più delle donne.
È sbagliato generalizzare o trarre conclusioni sommarie da dati statistici, tuttavia mi domando perché non si ragioni sul fatto che nei nostri tempi una nazione, per dirsi “civilizzata”, debba praticare una fede fortemente caratterizzata dall’elemento femminile non solo a livello teologico ma anche “pratico”, e che invece lo Stato ebraico possa permettersi il “lusso” di considerare la religione ancora una cosa da uomini senza esser tacciato di “fondamentalismo”. Potenza dell’ebraismo, evidentemente.