C’è un episodio legato agli scenari successivi alla Grande Guerra riportato esclusivamente da storici di lingua inglese (non credo solo perché le uniche fonti disponibili siano i memoriali dei politici britannici dell’epoca) riguardante la Conferenza di pace di Parigi del 1919, durante la quale le istanze di una Grande Grecia portate avanti dal capo del governo greco Eleutherios Venizelos entrarono in contrasto con le rivendicazioni della delegazione italiana, che secondo gli Accordi di San Giovanni di Moriana (che perfezionavano il famigerato Patto di Londra per quanto concerneva l’area mediorientale) pretendeva che venissero riconosciuti i legittimi interessi di Roma nel Vicino Oriente.
Nei mesi precedenti gli italiani, già infuriati per il rifiuto degli Alleati di concedere loro Fiume, altro fattore che aveva portato all’abbandono della Conferenza da parte di Vittorio Emanuele Orlando e Sidney Sonnino, avevano cercato di far pressione sulle Grandi potenze attraverso l’imposizione di una sfera di influenza italiana attorno a Smirne, facendo sbarcare in modo sparso piccoli manipoli in vari punti della costa turca dell’Egeo e incoraggiando i turchi a resistere a qualsiasi tentativo di invasione greca.
In tali frangenti, il presidente statunitense Woodrow Wilson informò il primo ministro britannico David Lloyd George e quello francese Georges Clemenceau che gli italiani stavano inviando navi da guerra nella stessa Smirne, affermando che “l’atteggiamento dell’Italia è indubbiamente aggressivo e costituisce una minaccia per la pace”. Clemenceau non poté fare a meno di lanciare una frecciata al suo omologo americano: “Proprio un bell’inizio per la Società delle Nazioni!”.
Nel periodo di assenza dell’Italia dalla Conferenza, la crisi non fece che aggravarsi: il 5 maggio 1919 Lloyd George (che per anni aveva sostenuto l’obiettivo di Venizelos di un impero greco in Asia Minore), avvertito che presto gli italiani si sarebbero insediati completamente in Anatolia, propose un’azione immediata a Parigi e Washington per consentire ai greci di occupare Smirne. Clemenceau sembrava propenso a tale soluzione, informando i presenti che l’Italia in quel momento aveva sette navi al largo della città anatolica.
Anche il diplomatico britannico Harold Nicolson era avverso agli italiani e credeva che “cercando di prendere il sopravvento sulla costa dell’Asia Minore hanno in realtà hanno aiutato i greci più di quanto possano immaginare”. Nel frattempo la delegazione italiana aveva annunciato il ritorno alla Conferenza di pace. Il 13 maggio 1919, due giorni prima dell’invasione greca di Smirne, Nicolson venne convocato con la sua mappa nell’appartamento di Lloyd George nella rue Nitot per chiarire quanto potesse offrire agli italiani.
Giunsero Orlando e Sonnino e si sedettero con gli altri attorno a un tavolo nella sala da pranzo. Nicolson commentò: “Così sembra davvero che dobbiamo spartirci una torta”. Gli italiani pretesero dunque il territorio a sud di Smirne. “Oh no!”, esclamò Lloyd George, “lì non si può, è pieno di greci!”. Nicolson rimase sbigottito nel constatare che Lloyd George aveva scambiato i colori indicanti gli spazi per la distribuzione della popolazione, pensando dunque che il verde indicasse i greci invece che le valli e il marrone i turchi invece che le montagne…
“Lloyd George accettò dunque la correzione di buon grado, più veloce di un martin pescatore”. Intanto Orlando e Sonnino chiacchieravano tra loro in italiano. Pretesero le miniere di carbone di Ereğli ma, Lloyd George, ormai divenuto un esperto in materia, ribatté: “Ma è carbone marcio, e in ogni caso non ce n’è molto”. Sonnino tradusse questa osservazione a Orlando, che osservò (in italiano): “Si, si, ma l’effetto morale sa!”.
Alla fine gli italiani apparvero pronti ad accettare il mandato di Adalia, ma quando qualcuno fece notare che si sarebbero dovute stabilire le spartizioni “con il consenso e la volontà delle popolazioni coinvolte”, ci fu un’esplosione di ilarità.
“Le bianche guanciotte di Orlando oscillarono e i suoi occhi si gonfiarono di lacrime dal gran ridere”, appuntò Nicolson ispirato da un idealismo ingenuo e col senno di poi piuttosto ipocrita.
(Fonti: M. Llewellyn-Smith, Ionian Vision. Greece in Asia Minor, 1919-22, 1973; M. MacMillan, Paris 1919. Six Months That Changed the World, 2002).