Perché gli immigrati islamici si radicalizzano nei Paesi occidentali

Su X c’è un’analisi interessante di un anonimo commentatore che si firma Drukpa Kunley (dal nome di uno dei cosiddetti “yogi pazzi” tibetani del XV secolo) sul fatto che gli immigrati musulmani in Occidente siano più esposti alla radicalizzazione che non nelle nazioni islamiche di provenienza. Le sue ipotesi (che riassumo di seguito) partono dal video di uno dei tanti influencer britannici, il quale spiega al suo vasto pubblico di ascoltatori i motivi per cui consenta alla moglie di comunicare con lui solo tramite una lavagnetta.

Osservando come in una comunità ispirata ai principi liberali uno straniero dovrebbe sviluppare una mentalità opposta, ɖʀʊӄքǟ ӄʊռʟɛʏ individua i seguenti motivi:

• Un effetto di “sradicamento” che parte dall’identificazione in un gruppo minoritario privo di un patrimonio tradizionale in cui integrarsi. Essendo un immigrato islamico parte di un outgroup che non può essere integrato nello stesso modo di un olandese o tedesco, soprattutto tra gli stranieri di seconda e terza generazione la nuova identità si costruisce attraverso l’aggancio a “marcatori culturali” dei Paesi d’origine, che si rafforzano nei contatti quotidiani con la comunità di riferimento.

• Molti degli immigrati giunti nelle nazioni occidentali provengono da zone arretrate del mondo musulmano, in particolare, per quanto riguarda l’Inghilterra, da Paesi come Pakistan e Bangladesh (dunque la “periferia della periferia”). L’Europa non ha mai fatto nulla (volente o nolente) per attrarre immigrati dalla classe media e dalle grandi città, favorendo indirettamente l’afflusso di individui da contesti rurali e sottosviluppati. Inoltre questo tipo di forma mentis si mescola talvolta con le altre culture “periferiche” del Paese di approdo, per esempio i dettami di correnti musicali ispirate all’estremismo (in tutti i sensi) quali il rap o la trap, che gli immigrati abbracciano per giunta senza alcun tipo di mediazione (nemmeno quella accettata degli “indigeni”, che riescono comunque, seppur con infinite sfumature, a distinguere la brutalità del messaggio artistico con gli atteggiamenti da tenere nella vita reale).

• Infine, questo tipo di estremismo è obiettivamente favorito dal lassismo delle istituzioni occidentali, che in nome dell’antirazzismo e della tolleranza rifiutano di mantenere anche quel minimo di controllo presente paradossalmente in molte nazioni islamiche, dove le forme radicali del culto vengono represse in un’ottica piuttosto pragmatica. L’Inghilterra è un caso da manuale, poiché i governi di entrambi gli schieramenti si compiacciono di non perseguire l’estremismo islamico come espressione dei propri “principi liberali” e di  “multiculturalismo”, impedendo qualsiasi tentativo di integrare o moderare certe frange sempre più folte.

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