Russia connection: l’Italia al centro della “cospirazione”

#Russiagate, il nuovo libro dell’ex consigliere di Trump: “Italia centro della cospirazione”! Ma non come ci hanno detto…
(“Gog&Magog”, 18 marzo 2019)

Forse ricorderete che circa un anno fa, le indagini sul “Russiagate” hanno lambito Roma, e in particolare la Link Campus University, che vi ha sede.

Era emerso (secondo la versione dei giornali, per delle rivelazioni “dopo qualche bicchiere di troppo”) come George Papadopoulos, un giovane consigliere di Trump nella rocambolesca campagna del 2016, sarebbe stato avvicinato da un “professore maltese”, tale Joseph Mifsud, con promesse di materiale compromettente [some dirt] sulla Clinton, probabilmente le mail trafugate, secondo i democratici, dagli “hacker di Putin”.

Si trattava di uno strano personaggio: docente alla Link e in Scozia (a Stirling), preside della London Academy of Diplomacy e di un fantomatico London Centre of International Law Practice (poi scopertosi un mezzo paravento), con “agganci russi“ (aveva partecipato al Forum di Valdai, il think tank putiniano, ed aveva contatti con diplomatici russi).

Ecco la mano di Putin, che metteva a disposizione di Trump le mail rubate dai suoi agenti! Questa, da subito, la interessata lettura dei media americani.

Ad aggiungere pepe alla vicenda, anche il fatto che il rampante Papadopoulos si sarebbe fidanzato con una fascinosa avvocatessa originaria di Caserta, tale Simona Mangiante, presentatagli proprio da Mifsud (e ora sua moglie): ecco la “honey trap”, altra specialità del KGB (anche se era italiana, ma non complichiamo la vita al semplice telespettatore Usa)!

A entrambi, quindi, si rivolgevano le attenzioni del procuratore speciale Muller, incaricato dal Congresso Usa di indagare su possibili interferenze russe nel voto: voleva sapere, in particolare, se Papadopoulos avesse informato Trump della offerta del maltese. Il giovinotto finiva nei guai, con 14 giorni di carcere, per aver risposto agli interrogatori in modo elusivo.

Il quadro presentato era insomma abbastanza chiaro. Fin troppo, perché, invece, a distanza di ormai un anno, sono emersi maggiori dettagli che rendono tutto un pochino più complicato:

• Mifsud è sparito dalla circolazione appena la vicenda diventava di dominio pubblico, come rileva il Foglio (ovviamente prendendola come conferma del complotto del Cremlino). Addirittura, il professore non avrebbe mai visto la figlia, partorita dalla fidanzata ucraina: il 31 ottobre 2017, ai primi articoli su di lui, avrebbe scritto alla donna incinta via Whatsapp, dicendole “non rispondere ai giornalisti”. Sarebbe stato visto l’ultima volta il giorno dopo, 1 novembre (?), nei corridoi della Link, da un cronista di Repubblica (cui avrebbe detto “sono clintoniano e di sinistra”), e poi si sarebbe volatilizzato. L’Indipendent lo dà addirittura per morto.

• Viene notato da tutti poi che il tramite fra la bella legale campana e Mifsud è… il piddino ed europeista Gianni Pittella, ora vicepresidente dell’Europarlamento. A sua volta legato alla Link (compare negli organi di ateneo), il politico lucano avrebbe conosciuto il maltese come “esperto di politica internazionale”, cui avrebbe presentato la sua protetta, già stagista a Bruxelles (era stata pure nello staff del socialdemocratico tedesco Schulz). “Joseph è un mio caro amico, non posso crederlo coinvolto nel Russiagate”, è la sua difesa. Lo scambio non è però solo accademico, visto che se lo porta anche ai comizi politici (si veda il post FB dei Giovani Democratici qui sotto). Qualcuno si accorge anche che Pittella non solo ha dato “appoggio esterno” alla Clinton, come tutti i piddini, ma ha fatto qualcosa in più: si è proprio recato fino a Philadelphia per fare campagna per la Clinton, partecipando al convegno dei Democratici (DNC). Una iniziativa inusuale per un politico straniero, tanto che il Time ci aveva fatto persino un articolo, il 29 luglio 2016, riportando le sue sperticate dichiarazioni oltre Atlantico: “Ho fatto un passo senza precedenti nell’appoggiare e fare campagna per Hillary Clinton perché il rischio portato da Donald Trump è troppo alto. Credo sia nell’interesse dell’Unione Europea e dell’Italia avere Hillary Clinton in carica. Una vittoria di Trump potrebbe essere un disastro per il rapporto tra gli Stati Uniti e l’Italia”, proseguendo, “Questa campagna è speciale: non è la scelta tra democratici o repubblicani. E’ la scelta tra la democrazia e nessuna democrazia negli Usa , tra avere un rapporto tra gli Stati Uniti e l’UE, e gli Stati Uniti e altri paesi, o meno. E i cittadini italiani, insieme al mondo intero, hanno il dovere non solo di intervenire, ma di agire, per sostenere la campagna di Hillary”.

• Mifsud ha in realtà parecchi contatti in Europa, e specialmente con il Regno Unito, dove pare avere buone entrature presso Boris Johnson. Insomma pare una figura bipartisan, che se ha relazioni con alcuni russi, ne ha altrettanti, anzi di ben più forti, con l’altra parte della nuova Cortina di Ferro.

Mappa dei contatti di Mifsud (fonte)

A rinfocolare tali elementi dissonanti arriva il nuovo libro di Papadopoulos (in uscita il 26 marzo 2019), che propone una ricostruzione esattamente ribaltata rispetto a quella sin qui proposta dai media.

Il volume si intitola Deep State Target: How I Got Caught in the Crosshairs of the Plot to Bring Down President Trump (“Bersaglio del deep state: come sono finito impigliato nel complotto per abbattere Trump”): in sostanza, secondo il consulente di Donald (e nell’attesa di leggere per bene il libro), la proposta di Mifsud non era altro che una trappola.

Nelle ultime settimane poi, come riportato da Marco Orioles su “StartMag”, il trumpiano si è lanciato in tweet a commento del libro che sono, singolarmente, rivolti proprio… all’Italia. Con tanto di tag al profilo di Salvini, Papadopoulos indica nel nostro paese nientemeno che “l’epicentro della cospirazione”.

Sostiene che “gli italiani stanno ancora coprendo quello che hanno fatto”, e mette in fila Mifsud con Steele (ex spia britannica che avrebbe confezionato un falso dossier da fonti pseudorusse contro Trump) e il Dipartimento di Stato, da sempre ostile a Donald.

Fra i commenti ai tweet, curiosamente compare anche quel Giulio Occhionero che, assieme alla sorella Francesca, veniva arrestato dalla Procura di Roma a inizio 2017, accusato di aver spiato le mail di politici e potenti italiani (fra cui Renzi, Monti, etc) ma anche prelati (il card. Ravasi), usando il sistema malware EyePiramid. Un arresto sottovalutatissimo, viste le entità della presunta attività di spionaggio (3,5 milioni di mail). All’epoca si disse che per “fonti dell’intelligence italiana”, i due “lavorano per la Cia”: loro pure dichiararono di avere un server direttamente in Usa, ma avevano contatti pure a Londra. Poi però il fratello Occhionero disse di essere vittima di una manovra dei giudici romani.

I numerosi tweet (solitari, si direbbe) di Occhionero negli ultimi mesi sembrano concordare con quanto afferma Papadopoulos: la trappola era gestita da una parte del potere Usa che lo voleva incastrare (se avesse “abboccato” e chiesto di vedere le mail, sarebbe stato spacciato), ma la messa in opera era coordinata con altri servizi stranieri. Parrebbe di capire che un ruolo importante (si veda anche il caso Steele) sia stato giocato oltre Manica, ma viene menzionata anche l’Australia (?) e, soprattutto, l’Italia. La Link è definita dal consulente trumpiano l'”università dei servizi italiani”, e lo stesso Mifsud viene collegato alla nostra intelligence (vicino a De Gennaro, che è antico amico di Muller e decorato FBI…). Addirittura, Papadopoulos lascia intendere che il professore sarebbe custodito dagli italiani da qualche parte, mentre Occhionero fa capire che sarebbe, in sostanza, italiana la mente della intera operazione e la scintilla d’avvio del Russiagate.

Insomma, non lo sapevamo, ma tutte le strade portano ancora a Roma? Se è così, allora varie cose si stanno muovendo velocemente…

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