Sull’immigrazione Bergoglio riscopre il gesuitismo

Papa Francesco nella sua ennesima aeroconferenza di ritorno dalla “missione” in Colombia (dove era andato a benedire la normalizzazione delle Farc, nonostante la maggioranza del popolo avesse respinto l’accordo di pace attraverso il referendum), dopo aver sostenuto la correlazione tra uragani e cambiamenti climatici (probabilmente suggeritagli da Jeffrey Sachs o qualche altro pezzo grosso della cricca maltusiana che lo circonda), ha voluto dir la sua anche sull’immigrazione.

Avrà ripreso il governo, per aver violato il nuovo dogma dell’“accogliamoli tutti”? Macché, tutt’altro: ha clamorosamente approvato la “svolta minnitiana”!

«Io sento il dovere di gratitudine verso l’Italia e la Grecia, perché hanno aperto il cuore ai migranti. Ma non basta aprire il cuore. […] Un governo deve gestire questo problema con la virtù propria del governante, cioè la prudenza. Cosa significa? Primo: quanti posti ho? Secondo: non solo riceverli, ma anche integrarli. Integrarli. […] Lei parlava del governo italiano: mi dà l’impressione che stia facendo di tutto per lavori umanitari, per risolvere anche il problema che non può assumere».

Sogno o son dest(r)o? E i giornali si commuovono pure: “Il Papa ci dà una lezione di realismo”! Non è che adesso Bergoglio si è messo anche a far campagna elettorale per il Partito Democratico? Volendo esser seri (ma è quasi impossibile), quel che dice il Papa è ovviamente condivisibile (prima però erano argomenti “populisti”, qualcuno lo ricorda?), soprattutto quando osserva che non è certo responsabilità di Gentiloni il mancato rispetto dei diritti umani in Libia: da chiamare in causa infatti ci sarebbero in primo luogo le Nazioni Unite e l’Unione Europea, poi eventualmente inglesi e francesi (questi ultimi ancora piuttosto attivi, se pensiamo alle recenti iniziative dell’incantevole Macron).

Una cosa ovvia, insomma, che però evidentemente sfugge a Médecins sans frontières, visto che di recente si è appellata (in maniera piuttosto sguaiata, bisogna ammetterlo) alla coscienza dell’attuale premier italiano. In verità, almeno da questo punto di vista, all’organizzazione privata francese andrebbe riconosciuta più coerenza di quella dimostrata da Francesco: ora che i nodi vengono al pettine, invece di allinearsi a questo governo in attesa delle prossime elezioni, Medici senza frontiere gli ha addossato le stesse responsabilità che attribuì a Berlusconi a suo tempo.

Sfortunatamente all’epoca il PD era all’opposizione, perciò, senza farselo ripetere due volte, fece proprie le accuse provenienti dall’agenzia internazionale (anche quando si rivelarono contrarie l’interesse nazionale). Ci può stare, è normale dialettica: sarebbe ingiusto andare a ripescare le dichiarazioni indignate di quegli anni (ci sono anche quelle di Minniti nelle vesti di “ministro ombra”…), perché i problemi in fondo rimangono gli stessi, indipendentemente dai soggetti chiamati ad affrontarli.

È però imbarazzante (almeno questo va evidenziato) che, nel giro di un’udienza, il primato della moral suasion sia passato direttamente dal Pontefice al Ministro, in un gioco delle parti che sembra avere poco di umanitario e molto di politico. Perché se la situazione fosse davvero questa, allora ci troveremmo di fronte al colossale paradosso del primo “Papa Nero” della storia che si fa battere in gesuitismo dagli ultimi democristiani.

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