E ora, la parola agli sponsor (tutti morti di covid)

Ringrazio Alessandro di Significato Canzone per avermi segnalato un pezzo della piattaforma Ezoic (How Coronavirus is Affecting Ad Rates & Website Traffic, 16 marzo – ma in costante aggiornamento) che affronta il crollo delle entrate da parte di quei siti che si sono affidati a servizi di sponsorizzazioni (dei quali il più celebre è Google Adsense), problema di cui ho appena parlato qui.

Crollano le entrate di Adsense (e nessuno dice nulla)


Si prevede che la spesa pubblicitaria diminuirà del 41% per marzo-aprile 2020 e del 28% per maggio-giugno 2020. Anche altre forme di pubblicità subiranno un calo. È probabile che le aziende inizieranno a investire nuovamente non appena sarà fattibile, magari approfittando del fatto che il lockdown fa aumentare il numero di persone connesse. È impossibile sapere per ora come agiranno gli inserzionisti, poiché si basano sull’andamento del resto del mercato.

Ezoic per il momento consiglia di migliorare l’ottimizzazione dei banner e rivalutare sia le newsletter (“tornate di moda in un periodo in cui le persone hanno più tempo libero che mai per leggere”), che i podcast: “Le persone sono in cerca di intrattenimento o di qualcosa da imparare”. Chi dunque già ha attivo un podcast, dovrebbe “ingegnarsi su come guadagnare di più dagli annunci pubblicitari”.

Per il resto, l’articolo non giunge mai veramente al nocciolo della questione ma si limita a rilevare che in effetti il traffico è aumentano ma le entrate al momento stanno subendo una specie di “ristrutturazione”.

Un approccio più deciso al problema proviene dai produttori di contenuti per Youtube, forse anche per il mezzo più “diretto” che utilizzano. Come ci informa il portale Reclaim The Net (YouTubers say their ad revenue is down by as much as 50% in March, 26 marzo 2020), “molti youtubers con milioni di iscritti stanno segnalando il forte impatto del coronavirus sui loro guadagni. Alcuni affermano che le loro entrate sono già calate del 50%”.

Anche qui la questione è ricondotta alla crisi generale che incide sugli investimenti in pubblicità delle aziende, tuttavia in aggiunta si segnala un risvolto poco piacevole: Youtube, nell’ambito delle iniziative volte a valorizzare le “fonti sul coronavirus”, coglie l’occasione per demonetizzare per esempio quei video che parlano dell’influenza della pandemia sull’industria tech.

E qui si conferma il sospetto principale sul perché tanti siano restii a discutere del problema: il timore è proprio quello di venire depennati dal “programma di sponsorizzazione” senza nemmeno aver detto qualcosa di misogino od omofobo!

Una società di marketing citata nell’articolo sostiene che gli introiti erano già calati durante la precedente recessione economica, iniziata nel dicembre 2007 e terminata nel giugno 2009:

“Con le aziende bloccate per le prossime settimane e l’incertezza su quando saranno in grado di ripartire, i creatori di Youtube potrebbe vedere i loro guadagni ridotti per qualche tempo”.

A livello mainstream, segnalo infine un servizio della CBS che appunto affronta il tema da una prospettiva più “generalista”, concentrandosi sul calo degli investimenti pubblicitari che affligge pure i grandi media.


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