I manifestanti pro Palestina alla conquista delle università americane

Alla Columbia University si sta inscenando una piccola guerra civile (per ora solo a livello accademico): da una parte alcuni docenti stanno manifestando il loro sostegno agli studenti filo-palestinesi, dall’altra un rabbino (a Pesach) ha avvertito gli ebrei di lasciare il campus, mentre a un professore israelo-americano, tale Shai Davidai, è stato impedito l’accesso alla struttura per aver paragonato gli studenti pro-Gaza ad Hamas.


Il casus belli è stato l’arresto di un centinaio di studenti da parte della polizia su sollecitazione del rettore della Columbia, nonostante il questore di New York li avesse definiti “pacifici”: ciò ha causato lo sciopero dei docenti in segno di solidarietà e le successive reazioni ebraiche, obbligando infine il preside a chiudere l’università e attivare la didattica a distanza (altro che covis!).

Shai Davidai, nato in Israele, ha inscenato a sua volta un comizio di fronte al campus nel momento in cui ha scoperto che il proprio badge era stato disattivato per motivi di sicurezza (s’intende la sua stessa sicurezza fisica). Altri manifestanti “contro l’antisemitismo” sono stati respinti all’ingresso per lo stesso motivo.

Un anonimo militante dell’alt-right americana ha analizzato la questione come segue:

«Se Shai Davidai fosse stato afroamericano, militante LGBT, ispanico, musulmano, arabo, palestinese, e avesse chiesto che la Guardia Nazionale e l’FBI fossero inviati nei college per arrestare, torturare e uccidere “razzisti suprematisti bianchi sionisti transfobici”, non solo sarebbe stato licenziato all’istante, ma l’intero mondo mediatico conservatore l’avrebbe descritto come un ridicolo snowflake, un fascista intollerante che odia la libertà di parola.
Shai Davidai tuttavia non appartiene a nessuna delle minoranze di cui sopra, ma è un sionista estremista che sostiene gli arresti di massa e la violenza da parte dell’FBI e della Guardia Nazionale a favore di Israele. [… Così tutto l’universo conservatore anti-woke] lo ha trasformato nel proprio “eroe della libertà di parola”».

Un altro rappresentante della destra alternativa (A. Angl1n), dal suo sito personale che non posso linkare (anche se è da lì che copio la maggior parte dei meme), invece sostiene (in estrema sintesi, perché talvolta il personaggio è più verboso del sottoscritto) che:

«Non c’è motivo di credere che tutto ciò finirà presto. I tempi sono cambiati e non vedo motivi per cui gli studenti debbano fermarsi durante la bella stagione o fino a quando Israele non smetterà di bombardare. E nessuna di queste cose accadrà nei prossimi mesi. Quindi le università americane chiuderanno perché non possono gestire le proteste degli studenti? Oppure i poliziotti diventeranno molto più aggressivi e si scateneranno in pieno stile Kent State contro dei ragazzi?
La Kent State è un college dell’Ohio dove nel 1970 la Guardia Nazionale fu inviata a reprimere una protesta contro la guerra del Vietnam. I soldati aprirono il fuoco contro gli studenti, uccidendone quattro e ferendone nove. La situazione era molto simile, o quasi identica, a quella della Columbia: […] l’unica differenza degna di nota è che il governo degli Stati Uniti è molto più coinvolto nella guerra di Israele di quanto mai fu in quella del Vietnam.
Il massacro della Kent State è considerato l’evento che pose simbolicamente fine alla guerra del Vietnam, poiché in seguito a esso circa quattro milioni di studenti in tutta l’America organizzarono manifestazioni di massa bloccando il Paese. […] Ora il governo degli Stati Uniti si prepara potenzialmente a reagire nella stessa maniera, ed è un bene che la situazione degeneri.
Non sono così ingenuo da credere che ciò possa fermare la sottomissione del governo americano verso Israele. Questo non accadrà. Ma potrà di certo costringere il governo ad ammettere che il sostegno allo Stato ebraico è più importante dell’opinione dei propri cittadini. L’obiettivo deve essere dunque dimostrare che, nella sua essenza, il governo degli Stati Uniti non rappresenta in alcun modo il popolo americano».

A suo parere, alla richiesta da parte degli studenti di porre fine all’occupazione israeliana di Gaza si potrà sovrapporre quella di chiedere la fine dell’occupazione israeliana dello stesso potere americano: «È solo l’occupazione ebraica degli Stati Uniti che consente l’occupazione ebraica della Palestina, e ad un certo punto questo diventerà una cosa ovvia per i manifestanti».

Riporto ancora le opinioni di tale commentatore, ovviamente condannando il suo becero antisemitismo:

«Le proteste anti-israeliane ci stanno facendo avvicinare al cuore della bestia. Forse è difficile da comprendere per gli esponenti della destra, perché si tratta principalmente di un movimento di sinistra. Ma ciò è irrilevante, poiché quel che conta è la direzione in cui stanno andando le proteste e i risvolti a cui esse possono portare. […] Molti di noi avevano idee sinistroidi in gioventù, ma le abbiamo cambiate in maniera piuttosto rapida, nel giro di mesi o addirittura settimane. L’ispirazione fondamentale delle proteste è che ciò che gli ebrei stanno facendo in Palestina è inaccettabile e deve essere fermato ad ogni costo. Il fatto è che fermare ciò che sta accadendo in Palestina equivale a fermare ciò che sta accadendo in America: in ciò l’affiliazione politica è irrilevante, perché per l’appunto le persone cambiano idea continuamente.
[…] Se le manifestazioni si faranno sempre più intense, invito i miei lettori a partecipare senza creare problemi con la sinistra. Si presume che nelle prossime proteste di massa ci saranno tanti esponenti di destra quanti sono quelli di sinistra. […] Chiunque sia contro Israele è vostro alleato, punto e basta. Non mi interessa quale sia la sua razza, o se sia una transessuale o altro. Non importa. L’unica cosa che conta è organizzare le masse contro gli ebrei».

One thought on “I manifestanti pro Palestina alla conquista delle università americane

  1. Una repressione in stile Kent State la vedo piuttosto improbabile, vista la disponibilità di armamenti “non letali”, ma pesantemente debilitanti, detenuti dai cosiddetti “ZOGbot” antisommossa.

    Il dispiegamento degli armamenti Active Denial System, per esempio, permetterebbero di rendere inabili i manifestanti (e forse persino sterili) sul breve/medio termine, lasciando che siano loro stessi a produrre materiale demoralizzante e diffonderlo sui social.

    Anche se é incerto cosa possa avere più effetti dissuasivi, tra i video di bruciature e rash cutanei, o le parcelle del sistema sanitario statunitense.

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