Negli ultimi anni numerose università americane hanno introdotto regolamenti sempre più stringenti sui pronomi da utilizzare con professori e studenti trans: accanto ai classici his e her si suggerisce una lista borgesiana fatta di zie, zim, zir, xer, asdaudausndas ecc….
Difficile non rispolverare il caro vecchi Orwell in tali occasioni: sicuramente l’imposizione della censura tramite decreti e decaloghi è uno degli aspetti più insopportabili del progressismo odierno. Tuttavia in questo caso ci si domanda perché sia necessario “forzare la mano” quando lo sviluppo del lessico dovrebbe seguire spontaneamente l’andamento imposto da tutti i provvedimenti legislativi e burocratici a protezione di quello che una volta si sarebbe definito “terzo sesso” (e che oggi contempla un’infinità di sigle).
In ambito linguistico, solitamente certe evoluzioni vengono registrate e non sollecitate: a meno che non ci si trovi al cospetto di una dittatura, perché in tal caso si tacciono pudicamente le motivazioni che hanno portato a una certa risoluzione piuttosto che un’altra (come, per esempio, nel caso degli idiomi turcichi russificati da settant’anni di “socialismo reale”).
Le lingue in verità generalmente si modificano lentamente e in modo “organico”, seguendo i tabù e i dogmi della popolazione che le perpetua. Un esempio noto nell’ambito dell’indoeuropeistica è quello della parola “fuoco” nello studio della norma delle aree laterali: in parole povere, se le aree laterali conservano uno stesso termine di genere maschile (lat. ignis, lit. ugnìs, scr. [अग्नि] agní < ie. *h₁n̥gʷnís), le lingue centrali presentano un termine in “competizione” di genere neutro (umbro pir, gr. πυρ, ted. a. fuir, ted. mod. feuer < *péh₂wr̥).
Come dicevamo, la linguistica registra un mutamento culturale sottostante a quello linguistico: a un più antico substrato in cui il fuoco è concepito come essere animato (genere maschile di *h₁n̥gʷnís), in relazione a concezioni animistiche, si sovrappone un ambiente culturale più recente in cui il fuoco è un semplice strumento (*péh₂wr̥ “neutrale”).
Un discorso simile si potrebbe fare nei riguardi del sole, che per esempio in russo è considerato neutro (солнце, ˈsont͡sə) ma nella parlata quotidiana viene talvolta erroneamente declinato al maschile. In ogni caso non ci vuole molto a capire che tutti questi provvedimenti per certi “sabotano” una reale integrazione e inclusione delle persone del “terzo sesso” e dunque offrono tutta la misura del circolo vizioso di stupidità nel quale è finito l’occidente.