Esperto di sicurezza: la Svezia è sull’orlo di una guerra civile
(Maria Celander, Säkerhetsexpert: Sverige på väg mot inbördeskrig, “Ingrid & Maria”, 6 dicembre 2018).
Olle Fjordgren, 64 anni, durante la sua lunga carriera ha lavorato per molti anni nel campo della sicurezza internazionale: è stato consulente dei governi del Pakistan, dell’Etiopia e della Mongolia, ha bevuto tè con i talebani sulle montagne dell’Hindu Kush e nuotato con gli squali nel Mar Rosso. In altre parole, non è una persona che si lascia molto impressionare. Lo avevamo già intervistato per la prima volta nel 2013, per il giornale svedese “Dispatch International”, e già allora si era mostrato piuttosto preoccupato dalla situazione svedese. Tra le altre cose, aveva dichiarato:
“In questo momento ci troviamo in una guerra civile asimmetrica a bassa intensità nella quale i criminali stanno vincendo. Hanno iniziato a imporsi mentre la società civile cede posizioni. Dobbiamo fermare immediatamente questa deriva e capire che la questione riguarda il crimine organizzato, e non la mancanza di iPad o di parchi divertimento per i giovani“.
Cinque anni dopo, Fjordgren è convinto che i criminali non solo stiano vincendo, ma che abbiano conquistato ampie porzioni di territorio svedese, trasformandole nelle cosiddette no-go zones.
“Adesso raccogliamo la tempesta che il vento delle cattive politiche ha seminato. La mancanza di volontà politica nel giudicare la gravità della situazione, unita all’incapacità e all’ignoranza, ha condotto la Svezia verso lo status di failed state, un’entità in cui lo stato non possiede più il monopolio della violenza“.
Tutto ciò detto da una persona che ha visto com’è la vita quotidiana in Pakistan, Afghanistan ed Etiopia. Ma non è una cosa insolita, sostiene Olle Fjordgren. Nei paesi che definiamo “repubbliche delle banane” [bananrepubliker], dove l’apparato statale è debole o inesistente, dove tutti i gruppi sociali sono sulla difensiva, nessuno confida nella protezione dello Stato. In tal modo, si giunge a una sorta di “equilibrio del terrore” o di “giustizia informale”. Quando la Svezia in quanto Stato comincia a mollare la presa, gli svedesi si ritrovano a essere come bambini abbandonati nella giungla, incapaci di sopravvivere da soli.
Per Fjordgren la ricetta può essere solo tolleranza zero, secondo il modello di New York. Più risorse per la polizia, cumulazione dei crimini nelle condanne, leggi più severe sul porto d’armi, regola dei three strikes all’americana (tre reati e ti becchi l’ergastolo).
Il modello “compassionevole” [tycka synd] che piace molto alla Svezia, quello tutto coccole e biscottini, non funziona. Spetta agli stessi residenti nelle aree periferiche prendere l’iniziativa, darsi da fare per contrastare spaccio e criminalità. Ognuno individuo deve assumersi le proprie responsabilità. Se va avanti così, Olle Fjordgren vede un unico esito possibile: la guerra civile.
“Certamente. Basta osservare quanto accaduto in Libano, quando la lotta di potere tra i vari gruppi ha raggiunto il punto di non ritorno. In Svezia, può essere innescata nelle sacche di esclusione sociale, dai clan o dai capi delle gang, oppure nel giorno in cui gli svedesi ne avranno abbastanza e penseranno che l’unica via d’uscita sia imbracciare un fucile. Anche tra gli autoctoni del resto ci sono persone che non vedono l’ora di sfogarsi“.
Eppure non è troppo tardi, sottolinea, Fjordgren, anche se il tempo sta scadendo. I politici dovrebbero però mostrare più coraggio e abbandonare gli interessi di parte:
“Ormai il panorama politico svedese è condizionato da una infelice combinazione tra la necessità di prendere voti tra i gruppi che subiscono il problema e la ‘carta del razzismo’ [rasistkortet] che viene sempre giocata non appena qualcuno prova a sollevare il problema. I politici devono essere preparati ad agire in modo deciso se vogliamo avere la minima possibilità di fermare la deriva”.
Sentirete poi parlare di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi; è necessario che tutto questo avvenga, ma non è ancora la fine.
Dell’abominio della desolazione a Malmoe infatti non importa niente a nessuno (forse solo a Giovanni)