Qualcuno si illude che questo lockdown, acuendo la solitudine e l’isolamento nelle donne occidentali, possa avere come effetto inaspettato una riscoperta delle virtù della vita di coppia. Sono piuttosto scettico sul punto: a mio parere le donne occidentali, in particolare quelle italiane, continueranno a collezionare gatti e vivere nella sporcizia.
Il nuovo modello di Donna Moderna è stato icasticamente rappresentato da una copertina del New Yorker di fine 2020: una single (“casualmente” mulatta) che vive nella sciatteria più totale, circondata da spazzatura e gatti, con le gambe pelose e un cocktail nella mano, mentre finge di lavorare in smart working, attorniata da mascherine e guanti buttati a terra, tubetti di ansiolitici, cartoni di cibo cinese d’asporto e scatoloni di Amazon non ancora aperti.
Nel frangente attuale, peraltro, le caratteristiche che ancora contraddistinguono i due generi dal punto di vista sociale (l’uomo deve “uscire”, la donna può restare a casa dei suoi -o del marito- tutta la vita) credo abbiano reso più accettabile la solitudine da parte delle donne. In fondo è su questo che i piani di ingegneria sociale puntano, e per questo sono efficaci: gli uomini soli come cani, le donne sole come gatte. Se si riuscirà a convincere i primi che è giusto così, tutto procederà come previsto.
Non accadrà il “miracolo”, ovvero che il timore di restar sola spinga una donna a trovarsi un uomo: aggiungiamo che è stato pure tolto lo stigma dello “zitellaggio” femminile, mentre al contempo raddoppiavano gli oneri degli “zitelli”. Per fare un esempio: in un mercato immobiliare strutturalmente refrattario alla categoria del single, il maschio solo, obbligato a lasciare la casa dei genitori, è obbligato a testimoniare il proprio valor de hombre investendo una parte consistente del magro salario in affitti insostenibili per non venire stigmatizzato con i noti insulti da anni adottati dalle istituzioni (“bamboccione”).
Le donne vengono invitate da media e politici a celebrare la propria “indipendenza” proprio nella forma della solitudine: c’è, per esempio, la scrittrice di origine serba che trasforma l’isolamento in “cura”, disintossicandosi dagli ansiolitici; oppure l’influencer che eleva lo zitellaggio a stile di vita (Goditi la solitudine: portati via, 10 febbraio 2020):
“Fare cose in solitudine ci mette spesso in una posizione di soggettività. […] Inizia con l’invitarti al cinema a guardare quel film che tanto aspettavi. Vai al concerto della tua band preferita e canta a squarciagola tutte le loro canzoni. Poi magari prendi un treno e vai a farti una giornata alla scoperta di una nuova città. E con calma riuscirai a goderti da solo tutto il tempo con te stesso che prima consideravi sprecato.
Dicono che siamo animali sociali e forse riuscire a stare bene in solitudine non è una delle skills indispensabili alla nostra sopravvivenza, ma è sicuramente una skills indispensabile per la pace mentale di molti”.
Per capirci: non è possibile negare che in qualcuna l’isolamento abbia prodotto frustrazione, ma tale sofferenza riguarda più il fisico che la mente. A livello psicologico, cioè istintuale, le donne della nuova generazione continueranno a ripudiare le relazioni di lunga durata con uomini che possono offrire loro solo stabilità e fedeltà. Passeranno da un maschio narcisista, machiavellico e psicopatico all’altro, preferibilmente privilegiando l’attrattività e la “scopabilità” a parità di aggressività e anti-socialità.
Il lockdown perpetuo, prodromo del mondo nuovo in cui “Non possiedo nulla, non ho alcuna privacy e la vita non è mai stata migliore”, può evidentemente essere sostenuto dalla donna “liberata” da ogni legame con la civiltà (oggi definita “patriarcato”). Per i maschi invece, nonostante la stampa sia costantemente impegnata a propagandare, oltre che le delizie della solitudine, anche la masturbazione o la cosiddetta “auto-sessualità” (sic), la questione si pone in maniera radicalmente differente: prima di tutto perché il femminismo rappresenta solo una colonizzazione ideologica delle vecchie strutture di potere, che restano in piedi con obblighi e doveri seppur “invertiti”. All’uomo dunque spetta ancora l’imperativo di adempiere a tutti gli oneri tradizionali, in un contesto dove però non può godere di alcun diritto (checché si parli tanto di “privilegio maschile”).
È chiaro quindi che solo con l’imposizione di un regime della peste (in assenza di peste) si possono contenere le spinte dissolutrici provenienti da quella parte di popolazione maschile che in Cina (non a caso) si definisce “rami spogli”: maschi che, privati della possibilità di realizzarsi nella vita famigliare, sentono di dover adempiere al proprio “destino anatomico” attraverso comportamenti anti-sociali (tossicodipendenza, vandalismo, guerra civile).
Naturalmente vale sempre il motto piscis primum a capite foetet: le donne sono per certi versi vittime, o comunque agenti inconsapevoli, di questi piani di ingegneria sociale. Tuttavia ciò non può impedire di sottolineare che sono proprio talune caratteristiche muliebri a spiegare perché la propaganda si accanisce sempre su di esse. Per esempio, si accennava tra il serio e il faceto alla questione della “sporcizia”: è un punto che diversi maschilisti anonimi hanno evidenziato nelle loro comunità online: (“Mi sconcerta la sporcizia in cui vivono”; “Quanto sono sporche, si sciacquino un po’ le ascelle e le parti intime”).
In effetti questo è uno dei tabù culturali che continuano a sopravvivere nella nostra società: l’illusione che le donne siano sempre profumate e pulite. Come ha dimostrato un recente sondaggio americano, l’80% di esse non fa la doccia tutti i giorni e il 33% neanche ogni tre giorni; il 69% delle donne almeno una volta ha rifiutato di fare sesso per la puzza della propria vagina; l’89% delle donne sostiene di non aver tempo per curare la propria igiene personale.
Per usare un’espressione proverbiale, la maggior parte delle femmine allo stato brado hanno un odore peggio della volpe. Questo per il semplice motivo che anche l’igiene personale è una “invenzione” del patriarcato, cioè un precipitato della civilizzazione: la mancanza di cura nel maschio è anche tradizionalmente stigmatizzata con espressioni antifrastiche come l’omm addà puzzà. E non parliamo delle paranoie sulla possibilità di essere respinti da una donna perché non ci si è fatti abbastanza docce.
Insomma, la donna abbandonata a se stessa diventa un “brutto animale velenoso” che vive nella propria sporcizia, non ha alcun scopo nella vita (talvolta non riesce neppure a provvedere ai propri bisogni primari), teme come il fuoco la possibilità di rimanere incinta (anche l’istinto di maternità è un’invenzione patriarcale contro l’angosciante furia infanticida della femmina) e naturalmente evita qualsiasi progetto che comporti un impegno a lungo termine.
Illudersi che una volta “aperte le gabbie” le donne ci salteranno addosso è solo una strategia di coping per stemperare la durezza di un lockdown imposto in modo tanto coercitivo quanto insensato. Ma non avrete comunque un focolare a cui tornare una volta “usciti”.
Per sublimare, vi lascio qualche citazione dei Padri del Deserto (raccolte da Lucien Regnault):
«Qual è il luogo dove non ci sono donne se non il deserto?» (Abba Sisoes)
«Le donne incontrate nel deserto sono esseri in carne e ossa mandati su istigazione di Satana o, più spesso, fantasmi creati dal Nemico per sedurre un anacoreta»
«Una donna spudorata si vantava, davanti ai suoi giovani amici, di traviare un illustre anacoreta. Una sera si presentò alla porta della sua cella, col pretesto di essersi smarrita. Egli la fece entrare, ma sentendo che il demonio cominciava a tentarlo a proposito di questa donna, accese la sua lampada e mise tutte le sue dita, una a una, sulla fiamma, tanto che al mattino non ne aveva più neanche una. La donna ne morì per l’impressione. I giovani poco dopo giunsero dall’anacoreta per informarsi del successo della corruttrice. Entrarono e la trovarono morta. L’anziano allora, mostrando le sue dita, disse: “Ecco cosa mi ha fatto questa figlia del demonio, ma – aggiunse- è scritto: Non renderai male per male”. Pregò e risuscitò la donna; essa se ne andò e da allora visse castamente»
«Quando un Padre del deserto trova sulla strada l’orma di una donna, la faccia sparire»
«Pambone, scorgendo un’attrice, diciamo piuttosto una professionista del marciapiede, in una via di Alessandrino, scoppiò in lacrime e spiegò poi ai suoi compagni: “Due cose mi hanno commosso: l’una, la perdizione di questa donna; l’altra, che io non ho tanto zelo per piacere a Dio quanto essa ne ha per piacere a uomini depravati”»
«Il sale viene dall’acqua e, se si avvicina all’acqua, si dissolve e sparisce. Così il monaco viene dalla donna e, se si avvicina a una donna, si dissolve» (Giovanni Mosco, VII secolo)
«Chi mangia senza ritegno e parla con un fanciullo ha già fornicato con lui nel pensiero» (Giovanni Colobos)
«Fuggire le donne come il fuoco, il vino e i vescovi» (I monaci fuggivano i vescovi come le donne perché essi avrebbero potuto sottrare il monaco alla sua vita monastica conferendogli il sacerdozio)
Anche quella sulla “capanna di ossa intonacata col fango” non era male.
https://www.youtube.com/watch?v=mqFLXayD6e8
Tot non ti fidare delle copertine del New Yorker (quella è la poetica di Adrien Tomine): le donne veramente vere, veramente “adatte” al mercato delle relazioni, adatte alla vita e ai tempi sono resilienti e attivissime anche in questo periodo; si nutrono dell’energia dei simp, degli illusi, hanno -a differenza nostra- il fiuto per l’attimo, per la vita da mordere, i chad per godere, e i beoni che le tirano fuori dai guai, nella peggiore delle ipotesi hanno i rampini come catwoman.