Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in un’intervista a Newsweek (21 settembre 2022) ha dichiarato che la causa principale del degrado della situazione internazionale è la “persistente volontà dell’Occidente a guida statunitense di imporre il proprio dominio globale”, sottolineando che “coloro che la Russia riteneva partner economici affidabili hanno scelto di imporre sanzioni illegittime e rompere unilateralmente i rapporti commerciali”.
Lavrov, appena tornato da New York per la 77a Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha discusso dell’impatto dell’embargo sull’economia russa e sulle economie occidentali. Le sanzioni si sono rivelate un’arma a doppio taglio, ha affermato, poiché “in molti paesi europei si osservano un aumento dei prezzi e una diminuzione dei salari, nonché carenze di risorse energetiche e minacce di rivolte sociali”.
Il benessere delle società occidentali, considerato come un diritto acquisito, si sta trasformando in un privilegio per soli ricchi: questo, secondo il Ministro russo, “è il prezzo che i cittadini comuni pagano per la politica anti-russa delle élite dominanti”.
L’energia russa a prezzi accessibili ha consentito all’industria europea di competere con le aziende americane, ma “sembra che non sarà più così, e non è stata una nostra scelta”, poiché “se gli occidentali vogliono agire a scapito dei propri interessi, non possiamo impedirglielo”.
Intanto Bloomberg riferisce che il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti è alla caccia di “tecnici” in grado di evitare il contraccolpo delle sanzioni che Washington ha imposto negli ultimi anni praticamente a mezzo mondo. Il candidato prescelto sarà a capo della “Sanctions Economic Analysis Unit” (sic) e illuminerà l’amministrazione Biden sugli effetti collaterali che tali restrizioni possono avere sull’economia, i mercati finanziari e gli ambiti correlati.
L’esigenza di un tale ruolo è dovuta propri all’aggravarsi della situazione dopo le sanzioni contro la Russia: uno dei compiti principali dell’esperto sarà appunto di “evitare shock economici” come quello che ha sconvolto i mercati globali dopo che gli Stati Uniti hanno sanzionato le società legate al miliardario russo Oleg Deripaska, incluso il gigante dell’alluminio Rusal (l’amministrazione Trump aveva revocato le sanzioni all’azienda all’inizio del 2019).
Alcuni mesi fa, nessuno avrebbe potuto prevedere fino a che punto l’Occidente fosse disposto a spingersi in questa guerra. Ora tuttavia non è più possibile escludere categoricamente l’invio di eserciti occidentali in Ucraina: Joe Biden potrebbe farlo in qualsiasi momento e non ci sarebbe modo di impedirglielo, perché l’America è una democrazia e nessuno può opporsi alla democrazia.
È altresì difficile auspicare che il conflitto rimanga circoscritto all’Ucraina. Entrambe le parti sono troppo coinvolte per accettare una sconfitta. È così che sono iniziate entrambe le guerre mondiali, da scontri apparentemente isolati (Serbia, Polonia) sfuggiti al controllo per gli obblighi dettati dalle alleanze.
Le parti in causa sono in effetti già schierate, anche se mancano all’appello ancora protagonisti essenziali, come ad esempio India e Arabia Saudita. Rimane chiaramente la speranza che gli Stati Uniti facciano marcia indietro, come peraltro hanno fatto in ogni guerra che non fosse contro l’Europa. Russia e Cina tuttavia dovrebbero mostrare di cosa sono capaci, fino a far credere agli americani di essere invincibili.
Se la guerra in Ucraina è guerra vera, allora ci saranno vincitori e vinti. Il futuro del mondo dipende dall’esito di questo conflitto. Una sconfitta per Mosca vorrà dire la fine non solo di Putin, ma della Russia stessa: gli Stati Uniti la spolperanno pezzo per pezzo, dopodiché isoleranno Pechino. Una sconfitta di Washington si tradurrà in un collasso dell’ordine economico e militare occidentale, un rafforzamento della Cina e un mutamento dell’intero scenario internazionale.