Soldato gay israeliano sventola la bandiera arcobaleno tra le macerie di Gaza: “In the name of love!”

La realtà supera ancora i meme: la stampa occidentale celebra l’impresa di tale Yoav Atzmoni, soldato israeliano trentenne che ha sventolato “per la prima volta sul territorio di Gaza” una bandiera arcobaleno, riportante addirittura la scritta In The Name of Love

Atzmoni ha dichiarato ai giornali che quella bandiera per lui ha rappresentato qualcosa di importante sin da quando era bambino (a child, sic) e che ha chiesto personalmente al suo fidanzato (rimasto a casa?) di procurargliene una da portarsi dietro durante l’assedio.

Oltre alla scritta in inglese e in ebraico, la bandiera arcobaleno riporta anche una storpiatura di Bismillah, l’invocazione più importante dell’Islam, che diventa “Bismilav” (“In nome dell’amore”, secondo la stravagante interpretazione del soldato).

L’iniziativa sembra una risposta, neanche troppo indiretta, all’attivismo pro-palestinese delle varie sigle LGBTQ occidentali e internazionali, che continuano ad attaccare lo Stato ebraico non cedendo al rainbow washing perlopiù proveniente da ambienti conservatori (il che è il colmo, ma ormai siamo abituati a questo tipo di inversione non solo politica).

Per esempio, alcuni portavoce del mondo transessuale hanno invocato il boicottaggio degli ormoni per il cambio di sesso prodotti da ditte farmaceutiche israeliane, mentre l’organizzazione Queers in Palestine ha pubblicato un “appello liberatorio” (anche in italiano) contro le “tattiche coloniali patriarcali” attraverso le quali si vorrebbe imporre la “narrazione” filoisraeliana alle minoranze sessuali:

«Rifiutiamo la strumentalizzazione della nostra identità queer, dei nostri corpi e della violenza che affrontiamo come persone queer per demonizzare e disumanizzare le nostre comunità, soprattutto al servizio di atti imperialisti e genocidi. Rifiutiamo che la sessualità palestinese e gli atteggiamenti palestinesi verso diverse sessualità diventino parametri per conferire umanità a qualsiasi società colonizzata. Meritiamo la vita perché siamo umani, con la moltitudine delle nostre imperfezioni, e non per la nostra vicinanza ai modi coloniali di umanità liberale. Rifiutiamo le tattiche coloniali e imperialiste che cercano di alienarci dalla nostra società e di alienare la nostra società da noi, sulla base della nostra identità queer. Stiamo combattendo contro sistemi di oppressione interconnessi, tra cui il patriarcato e il capitalismo, e i nostri sogni di autonomia, comunità e liberazione sono intrinsecamente legati al nostro desiderio di autodeterminazione. Nessuna liberazione queer può essere raggiunta con la colonizzazione, e nessuna solidarietà queer può essere promossa se rimane cieca di fronte alle strutture razziali, capitaliste, fasciste e imperialiste che ci dominano».

2 thoughts on “Soldato gay israeliano sventola la bandiera arcobaleno tra le macerie di Gaza: “In the name of love!”

  1. Ormai non ci capisco più niente… non è assolutamente una critica al tuo modo di scrivere, che è sempre molto scorrevole pur rimanendo elegante (no homo), e nemmeno ai contenuti.
    Del resto l’attualità, se vogliamo parlarne, è questa, altrimenti potremmo aprire un blog di D&D o qualche altro mondo immaginario.

    Non ci capisco più niente nel senso che la realtà supera davvero i meme. Basta una settimana lontano dal computer, senza informarsi in modo attivo sui meme e para-meme degli ultimi giorni, per ritrovarsi completamente persi. E forse tutto sommato va bene così; si vive bene anche senza andarsi a cercare le cazzate che dicono i vari sinistrati di tutto il globo (le destre – in particolare in Italia – non pervenute).

    Comunque, apro e chiudo una parentesi: il termine narrazione, usato nel senso che ha attualmente, vedo che sul dizionario Treccani online è indicato come neologismo dal 2017. Parola homologa dell’inglese narrative, ricordo ancora quando con sgomento l’ho intravisto per la prima volta in italiano su un post delirante di un piddino mio conoscente su FB (poi mi sono cancellato). Mi irrita sempre, forse appena meno del “piuttosto che” usato in maniera sbagliata. Comunque ormai la situazione è questa…. è andata a puttane pure la lingua italiana. Ancora un po’ e avremo le vocali all’inglese.

    Après nous, le déluge, carissimo Mr. Totalitarismo!!!

    1. Giustissimo sulla “narrazione”, infatti stavo citando direttamente le “Lesbiche per la Palestina” (loro, naturalmente, lo usano), ma avevo dimenticato le virgolette.

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