Jerry Wolkowitz, giornalista freelance americano figlio di sopravvissuti all’olocausto, è stato aggredito nel New Jersey da un venticinquenne afro-americano (tale Jamil S. Hubbard) che lo avrebbe attaccato solo perché di carnagione bianca. La notizia, essendo stata smaccatamente snobbata dai media americani, non è stata nemmeno “captata” dalla stampa italiana.
Dopo un’agonia durata sei mesi, Wolkowitz in seguito ai traumi riportati si è spento in ospedale a 56 anni, circondato dall’affetto dei suoi cari e dall’indifferenza generale. La stampa ebraica (Times of Israel, Frontpage) ha tuttavia espresso forte indignazione sia per la notizia in sé che per la “congiura del silenzio” dei grandi network d’oltreoceano .
Hubbard ha prima colpito Wolkowitz alle spalle e poi, dopo averlo steso, lo ha trascinato in un parcheggio e gli è passato sopra con la sua macchina, per poi fuggire con la Kia Forte di Wolkowitz. Il tutto perché, come da lui stesso dichiarato, he was a white man. Non sapeva nemmeno chi avesse davanti, ma dal colore della pelle ha capito che doveva fargli il più male possibile.
Wolkowitz era anche fotografo e un soccorritore volontario. Il rabbino che ha celebrato il suo funerale lo ha definito un martire.