Una delle leggende che da secoli circola per Cuccolandia riguarda la famigerata scopabilità dell’uomo “sicuro e deciso”, il quale riuscirebbe a mostrare plasticamente la propria risolutezza in primis rispondendo in modo fulmineo alla domanda “Dove andiamo stasera?”, e poi irrompendo immantinente nel locale da lui prescelto con la ferma determinazione di individuare in un batter d’occhio da una prospettiva geomantica il tavolo più adatto a rendere la serata indimenticabile. Tali dimostrazioni di fermezza e ardimento nella scelta dei ristoranti e dei posti in cui accomodarsi all’interno di essi (con il bonus dell’imposizione di viveri e bevande) dovrebbero aiutare il cuculaccio ad accumulare punti nella classifica del successo riproduttivo.
La realtà, ovviamente, è all’opposto delle favole spacciate dalla cumciettina di turno: a parte che alla domanda “Dove andiamo stasera?” è vietato rispondere “Da nessuna parte perché decido io” (posto che “chi c’ha figa sta a casa, non s’immette nel marasma”), sembra comunque che la femmina prediliga tale tipo di “sicurezza” principalmente per rovesciare sul maschio la responsabilità di qualsiasi decisione “sbagliata”, o per meglio dire di quelle decisioni che potrebbero deluderla o rattristarla (tutte, in linea di massima, perché è risaputo che una donna non potrà essere mai felice e soddisfatta).
Quindi, alla domanda “Dove andiamo stasera?” il maschio risoluto attacca con l’esasperante litania: “In centro da Agilulfo, a mille euro a crostone” “No, perché sei uno spiantato e non possiamo permettercelo”; “Allora da Mamalucco che vende i kebab a 3 euro perché l’animale con cui li fa nel frattempo si è estinto” “Gnooooooooo” (si mette a sclerare ricordando in lacrime le cene luculliane delle sue reincarnazioni precedenti); “In una baita in montagna e poi dritti verso il mare” “La montagna è montagnosa e il mare maroso”; “A una esecuzione pubblica a Teheran” “Lo hai proposto solo perché oggi ammazzano una donna per adulterio”; “Al Luna Park!!!” (è un consiglio che ho letto veramente su un sito tipo “magnetismo animale”), eccetera eccetera.
GUAI, ripeto: GUAI!!! a sognarsi di chiudere la discussione dopo sole cinque ore con un “Non potresti decidere tu visto che non ti va bene nulla?”. DEBOLEZZA – MANCANZA DI PALLE – RIVELAZIONE DELLA PROPRIA OMOSESSUALITÀ REPRESSA. Bisogna essere tenaci, adamantini, e andare diretti dal kebabbaro bangla con le gigantografie del Ponte sul Bosforo che finge di essere di Istanbul centro. Millenovecentonovantasei euro risparmiati, col solo conto da pagare di un polmone perforato dalla coltellata del tossico afro-balcanico che ha deciso di portare la sua nuova conquista slavo-latina nel posto più pulito che abbia mai frequentato qui in Italia (perciò poca spesa tanta resa, grazie alla sanità pubblica).
Tutto questo mi ha fatto tornare alla mente il resoconto del processo per gli attentati di Parigi del novembre 2015 stilato da Emmanuel Carrère in un pregevole volume dal titolo V13 (tradotto in Italia da Adelphi). A chi lo ha già letto consiglierei di concedergli un’altra scorsa alla luce dei baccanali tra sbarcati e indigene che attualmente si stanno celebrando in quei di Lampedusa, provando a paragonare il milieu socio-politico-ideologico da cui provengono le anfiotrenesse a quello delle vittime dei massacri del 13 novembre. Per il momento non voglio aggiungere altro, al di là della considerazione che il tempo è galantuomo e purtroppo darà ragione ai galantuomini attuali (tutti razzisti e intolleranti).
Tuttavia, mi sento di scomodare i tragici eventi di quel venerdì 13 per ricordare che anche in tale giornata le ragazze testarono la “sicurezza” dei loro uomini con il “Dove andiamo stasera?”: fra le tante testimonianze, mi ha colpito quella della madre di una giovanissima “agente artistica” che in quella sera maledetta appunto rivolse al suo nuovo fidanzato il fatidico quesito dai connotati ormai apocalittici (Quo Vadimus?), frenata soltanto da quel surrogato di religione che definiamo ingiustamente “superstizione” («Questo venerdì 13 mi puzza, porterà sfiga», rammenta la genitrice l’ultima frase della figlia) sentendosi rispondere con il sempiterno “Decidi tu”. Saremo brutalmente trucidati dai dei terroristi islamici, dunque almeno per una volta non rompere i coglioni con le tue stronzate sull’uomo sicuro e decidi tu.
Per diretta esperienza, se uno ha la ventura di resistere ai primi momenti di spleen imposti dalla mentalità femminile, si arriva presto al punto per cui uno preferisce rimanere a casa e organizzarsi di per sé, complice lo schifoso scenario della “ristorazione-esperienza”.
Presto o tardi, però, quella fase diventerà insostenibile. Ecco allora, se la cumcietta ha già deciso di distruggere definitivamente l’altro, la classica frase “mi hai chiuso a casa, mi hai spento, mi hai depresso” che sono consustanziali al processo di de-responsabilizzazione.
Difatti, il poveretto non avrà mai ricevuto PRIMA alcuna richiesta, credendo che quel tran-tran andasse bene. Anzi, arrischiandosi nella melma dei locali, avrà anche provato ogni tanto a invertire la rotta, ricevendo al più sufficienza e al peggio rimproveri sui posti scelti, sull’atteggiamento adottato, etc etc.
Io non volevo organizzare perché volevo che si prendesse ogni tanto conto che a una scelta segue una responsabilità: è finita con la sua fuga, non a caso.
Buongiorno,
Mi chiamo Rødpriest, amministratore e utente del Forum degli Incel e sto conducendo delle ricerche sulla questione maschile e Fenomeno Incel.
Abbiamo apprezzato molto la sua produzione e ho deciso di scriverle per chiederle consiglio. Lei ha espresso più volte il concetto di “Tecnologia culturale” utile a contenere le derive di quello che io e i miei associati siamo arrivati a definire mercato sessuale anarco-liberalizzato anti-maschile”.
Le chiedo dove è possibile trovare altri riferimenti alla “tecnologia culturale” e se altri autori abbiamo espresso il concetto in questi termini altrove. Fonti?
Esprimo nuovamente il nostro apprezzamento per i suoi articoli,
Un saluto,
∅.