Quanti immigrati accoglierà l’Ucraina di Zelenskij una volta terminata la guerra?

Un falso screenshot da un profilo social della CNN afferma che Zelenskij vorrebbe favorire l’immigrazione di massa in Ucraina per risolvere i problemi demografici del Paese: “Diventeremo una nuova nazione cosmopolita e multiculturale che farà da modello per il resto d’Europa”.

Per essere una fake news è sfortunatamente fin troppo verosimile, anche se al momento Kiev sembra più interessata a far emigrare i suoi stessi cittadini: l’anno scorso, per fare un esempio, l’ex comico ha elogiato l’Alta Corte israeliana per aver tolto il limite imposto dal Ministro degli Interni all’ingresso di rifugiati dall’Ucraina.


Come è noto, Israele ha una politica molto rigida in materia di immigrazione, consentendo di poter risiedere nel Paese e ottenere la cittadinanza solo a chi ha origini ebraiche e rendendo qualsiasi altro percorso di naturalizzazione per non ebrei sostanzialmente impraticabile.

Ad ogni modo, lasciando da parte per una volta lo Stato ebraico, sembra che i rifugiati non se la stiano passando molto bene negli altri Paesi: in particolare in Italia, nonostante tutto il sistema d’accoglienza messo in piedi, faticano a trovare lavoro e una sistemazione decente, dovendo inoltre fare i conti con la tanto decantata “diversità”.

Per i rifugiati ucraini “lavorare in Italia è un inferno, ci si può venire solo in vacanza”

Solo per citare l’ultimo caso, avvenuto a metà agosto, un diciannovenne ucraino è stato aggredito a Milano nei pressi della stazione di Porta Garibaldi da una quarantina di nordafricani che lo hanno accoltellato al volto sfregiandolo. Come ha riportato “Il Giorno”, il giovane di ritorno da Lecco con alcuni amici alle 19 di sera si è trovato accerchiato da una ormai classica banda di magrebini, che per rubargli il cellulare e il portafoglio (“senza soldi”) lo hanno accoltellato alla schiena, al braccio e soprattutto in faccia, lasciandolo orribilmente sfigurato: “Pensavo che qui a Milano sarebbe stato al sicuro. Paradossalmente, la guerra l’ha trovata qui”, ha commentato la madre, anch’essa residente nel capoluogo lombardo da sette anni e fidanzata con un italiano.

Pur volendo sorvolare sui numerosi aspetti paradossali della vicenda, irrita non poco che i media dell’area del Gruppo di Visegrád abbiano riportato la notizia senza specificare le origini degli assalitori (almeno in questo si sono davvero “occidentalizzati”!), per far credere che in Italia gli ucraini vengano aggrediti per motivi politici, postulando una russofilia diffusa in un popolo che ha letteralmente spalancato le porte di casa alle “vittime di Putin” (italioti cornuti e mazziati come al solito, quindi).

Non si può dire se una volta terminata la drôle de guerre (si spera senza olocausti nucleari) l’Unione Europea imporrà all’Ucraina l’obbligo di accogliere in pochi anni milioni di arabi e subsahariani, oppure se alla nazione verrà concesso un salvacondotto etnocentrico (dopo il “bonus svastiche“) per aver offerto carne da cannone agli “interessi sovranazionali”.

In ogni caso, è giusto ricordare che le grandi città ucraine (come la capitale, Odessa o Kharkiv) sono già “multietniche” nel senso che il termine può assumere in un Paese dell’Est Europa: si parla perlopiù di ebrei, rom, minoranze orientali “innocue” (vietnamiti, filippini, tibetani), gruppi etnici da altre parti dell’URSS insediatisi da decenni o “eredi” degli scambi culturali tra Paesi socialisti (qui un mio approfondimento sui cosiddetti “afroucraini”).

Афроукраїнці. Guida all’Ucraina “mulatta”

Non so cosa riserverà il futuro a questa nazione. Temo che nemmeno essa, alla fine, potrà sfuggire all’apocalisse sociale che ha travolto l’Occidente: già ora circolano le testimonianze di ucraini “rifugiati” nelle città europee che non riescono proprio a sostenere la “diversità” di quartieri in mano alla microcriminalità “esotica”, di bar gestiti da arabi, di mezzi pubblici adibiti a vespasiani per minoranze etniche e di scuole in cui gli unici “visi pallidi” rimasti sono proprio loro. Si può apprezzare tale impatto in questo servizio televisivo inglese di recente produzione:


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