Charles Manson e la strategia della tensione all’americana

Uno dei libri più venduti in questi anni negli Stati Uniti è probabilmente anche l’opera più complottista che il mainstream allo stato dell’arte possa permettersi: si tratta di CHAOS. Charles Manson, the CIA, and the Secret History of the Sixties del giornalista (integratissimo, è anche omosessuale) Tom O’Neill (in collaborazione con Dan Piepenbring), il quale ha dedicato al caso della Manson Family e all’omicidio di Sharon Tate vent’anni della sua carriera.

Purtroppo non credo verrà mai tradotto in italiano (nonostante esista una versione spagnola), perché in primis ci vorrebbe una casa editrice in grado di assumere un traduttore decente (e di questi tempi a quanto pare nemmeno La Nave di Teseo può permettersi tale lusso) e in secondo luogo ormai pare che la nostra industria culturale abbia accettato il debunkerismo come ideologia di riferimento.

Prima di addentrarmi, almeno in breve, nelle inchieste esplosive di O’Neill, vorrei far notare come egli stesso, pur ironizzando continuamente sui “cappellini di carta stagnola”, non possa fare a meno di lambire argomenti verboten come l’assassinio Kennedy e cacciarsi ripetutamente nei guai pur di raccattare testimonianze e prove nei meandri del Deep State statunitense.

A tal proposito, è giusto ricordare come l’Autore trovi tempo di discutere anche del primo debunker ufficiale della storia contemporanea, il giornalista e regista Lawrence Schiller, che per puro caso risulta anche essere un informatore dei servizi segreti: O’Neill ha scovato nei JFK Assassination Records del National Archive i documenti che attestano come Schiller abbia “passato informazioni confidenziali all’FBI nel 1967 e nel 1968 sulle fonti di Mark Lane”, uno dei primi reporter (anch’egli una figura ambigua) che mise in discussione la verità ufficiale sul caso stabilita dal famigerato Warren Report.

Ecco già uno dei motivi per cui non si può tradurre: O’Neill è un “investigatore” troppo serio e rigoroso per poter interessare un milieu culturale caratterizzato da una parte, come si diceva, dalla strenua difesa delle “verità ufficiali” come nuova identità pseudo-progressista e pseudo-illuminata; e dall’altra, da una ricerca “alternativa” intrisa di spirito settario, auto-ghettizzazione e sensazionalismo. Dalla prospettiva complottista “classica”, in effetti, il volume può apparire al contempo noiosissimo e incredibilmente avvincente, soprattutto nel momento in cui l’Autore si vieta qualsiasi collegamento suggestivo e qualsiasi ipotesi risolutiva, limitandosi a raccontare in prima persona le difficoltà affrontate per risalire alla tale fonte o al tale documento inedito.

Ad ogni modo, chi avrà la pazienza di affrontare le oltre cinquecento pagine (note comprese, ché essenziali) otterrà infine molti elementi per poter “unire i puntini” da solo e trarre qualche conclusione sulla “storia segreta degli Anni Sessanta”. Storia che potremmo sintetizzare come segue, senza voler forzare troppo le conclusioni -in verità mai “tratte”- dell’Autore: nell’ambito della Guerra Fredda, la CIA e l’FBI avrebbero elaborato strategie di infiltrazione e controllo dei movimenti di protesta negli Stati Uniti, rispettivamente la Operation CHAOS (da cui il libro prende il titolo) e il COINTELPRO (Counter Intelligence Program).

Nel contesto di tali “operazioni” sarebbe germinato il progetto MKULTRA, il programma di sperimentazione sugli esseri umani durato “ufficialmente” dal 1953 al 1973 e i cui documenti più importanti sono stati deliberatamente e orgogliosamente distrutti dalla nota Agenzia. Buona parte del volume è dedicata a collegare Charles Manson all’MKULTRA tramite la Haight Ashbury Free Clinics di San Francisco e il dottor Louis Jolyon West (conosciuto come “Jolly”), cinghia di trasmissione tra gli esperimenti dei servizi segreti, il mondo scientifico e le comunità hippie.

Le vicende “essoteriche” di Jolly West sarebbero di per sé eloquenti: dopo aver lavorato tra gli anni ’50 e il ’60 a stretto contatto con l’intelligence per sviluppare tecniche di lavaggio del cervello tramite sostanze allucinogene (le quali, secondo O’Neill, nel 1954 avrebbero prodotto un orrendo “incidente collaterale”, cioè lo stupro e l’omicidio di una bambina da parte di un pilota di stanza nella Lackland Air Force Base in Texas dove West conduceva i suoi esperimenti), si sarebbe fatto conoscere al grande pubblico nel 1962 per aver ammazzato un elefante di uno zoo dell’Oklahoma con una overdose di LSD e un anno dopo per esser stato lo psichiatra ad aver fatto “confessare” Jack Ruby (l’assassino di Harvey Lee Oswald) attraverso iniezioni di barbiturici e ipnosi. Al culmine di questa brillante carriera, nel 1967 West avrebbe aperto un “dormitorio per hippie” nei pressi della clinica fricchettona di cui sopra, ovviamente frequentato con impressionante regolarità dall’allegra famigliola di Manson, nonché dal “guru” stesso.

O’Neill però è addirittura riuscito a penetrare più a fondo nella biografia del dottor West, andando ad analizzare di persona, per la prima volta in assoluto (in realtà perché nessuno fino a quel momento aveva chiesto di farlo…) il cosiddetto “archivio West” lasciato ad ammuffire in una biblioteca dell’Università della California a Los Angeles. Destreggiandosi fra carteggi personali e documenti inediti, il giornalista ha scoperto, tra le altre cose, gli scambi di lettere intrattenuti dallo psichiatra con il capo del progetto MKULTRA, il chimico Sidney Gottlieb (con il nome in codice di “Sherman R. Grifford”), al quale annunciava la possibilità di creare “messaggeri” in grado di “trasportare informazioni complesse” instillate nelle loro menti tramite “induzione di stati di trance tramite somministrazione di droghe” e indicava come possibili “cavie” piloti militari, pazienti psichiatrici e carcerati.

Inoltre O’Neill ha trovato la versione completa di uno studio riservato solo alla CIA, The Psychophysiology of Hypnotic Susceptibility, nella quale si affermava in termini entusiastici la possibilità di generare “falsi ricordi” in soggetti ignari attraverso l’ipnosi e la somministrazione di farmaci: or bene, quando l’Agenzia fu costretta a sottoporre lo studio “ad uso interno” per le commissioni d’inchiesta, i passaggi di cui sopra venero espunti: «[In questa versione] non si fa menzione del trionfo di West, la sostituzione del “ricordo di un avvenimento concreto nella vita di un individuo” con un “avvenimento fittizio”».

Queste sono di certo le scoperte più importanti che la ricerca indipendente dell’Autore ha prodotto: non se si possa parlare esplicitamente di “pistola fumante” come fanno gli americani, ma la quantità di elementi che egli mette in fila permette comunque di elaborare una visione d’insieme. E cioè, in due parole: i servizi segreti statunitensi hanno cominciato sin dagli anni ’50 a sperimentare droghe e farmaci su soggetti non consenzienti allo scopo di sviluppare efficaci tecniche di interrogatorio e, sempre nell’ambito della Guerra Fredda, hanno patrocinato ricerche sulla manipolazione mentale tramite sostanze psichedeliche per sabotare i movimenti di protesta e infiltrarli con agents provocateurs, tra i quali Charles Manson, che avrebbe portato i suoi “adepti” a compiere crimini secondo un classico schema divide et impera atto a minare qualsiasi possibilità di osmosi tra gli hippie, le Pantere Nere (sulle quali doveva ricadere la colpa della strage in casa Polanski) e l’élite progressista di Hollywood (della quale i Polanski, nel bene o nel male, erano parte attiva). Strategia della tensione all’americana, potremmo definirla.

O’Neill denuncia depistaggi e insabbiamenti a partire dalle lacune del celebre resoconto di Vincent Bugliosi, Helter Skelter, imposto all’opinione pubblica come unica versione verosimile degli eventi, per poi passare ai rapporti di Charles Manson intrattenuti a ogni livello del potere americano (dal mondo dello spettacolo all’accademia, dalla pubblica sicurezza alla politica eccetera), concludendo infine con una pseudo-intervista al “mostro” stesso (avvenuta ovviamente tramite telefono) risalente all’ormai lontano 2000, nella quale l’assassino si esprime per indovinelli e sciarade ma nel momento in cui viene messo alle strette si indigna accusando il giornalista di “voler ottenere informazioni da lui” (mentre a quanto pare tutti gli altri, da intellettuali a pubblici ministeri, si sentono a loro agio a trattarlo come una sorta di santone satanico, angelo del male o oracolo di negatività).

I capitoli finali del volume sono dedicati al caso di una probabile vittima della Family non riconosciuta, l’italo-americano Filippo Tenerelli (“suicidato” nel settembre 1969), sul quale O’Neill si dilunga per portare un’altra freccia al suo arco, e cioè dimostrare che le coperture di Manson erano talmente in alto da aver consentito più di un “condono” a lui e alla sua banda di assassini.

In conclusione, come già specificato, Chaos non è di certo una lettura facile ma al di là dell’interesse che si può nutrire nei confronti del tema, pare ugualmente un testo indispensabile per comprendere come orientarsi tra le sabbie mobili dei “complotti” senza ridursi a fenomeni da baraccone.

PS: Nel mio blog propongo spesso libri su Amazon tramite link di affiliazione (in pratica se acquistate un volume con click diretto, il portale di e-commerce mi corrisponde circa il 5% del prezzo di copertina). Come saprà chi mi segue, non ho mai pubblicizzato indiscriminatamente qualsiasi libro, ma solamente quelli non reperibili in alcun altro modo se non online (anche perché, tanto per ricordare, non è colpa dei bibliofili se Amazon è diventato quel che è). La ricerca di O’Neill fa parte di tale categoria. Per il resto, sono consapevole che il “colosso buono” farebbe pisciare i dipendenti nelle bottigliette e li ricoprirebbe con cartoni da spedizione in caso di decesso sul posto di lavoro, dunque non sono così entusiasta della partnership. D’altro canto, nessun altro rivenditore di libri offre un servizio del genere (nemmeno “sottobanco”) e dunque sarebbe stupido fare pubblicità senza essere pagati. Per una questione ideale, potrei consigliare il sito Bookdealer.it (dove peraltro si possono reperire libri di editori che boicottano Amazon, come Iduna o E/O), che si propone appunto come “alternativa italiana” dell’azienda di Jeff Bezos, ma a parte che, giusto per citare, la piattaforma non annovera il volume in questione, il fatto che mi proponga in vetrina titoli sull’inclusività (=uomini che si abbracciano sulle copertine) e su Black Lives Matter, mi fa in parte rivalutare l’amoralità mercantile della multinazionale yankee, che pur di guadagnare riduce al minimo i veti ideologici.

2 thoughts on “Charles Manson e la strategia della tensione all’americana

  1. Mi sono procurato il testo durante le vacanze natalizie ma ammetto che le 500 pagine fitte fitte mi hanno un po’ spaventato e temo lo potrò prendere in mano solo durante un periodo di calma, quindi fino all’estate non se ne parla.

    Tuttavia la tua recensione mi conferma la buona impressione che mi ha fatto l’opera (buona impressione che mi ero fatto ascoltando una intervista dell’autore, mi pare di ricordare da Joe Rogan, ma non ci giuro).

    Hai ragione sul fatto che nessuna casa editrice si metterà a tradurlo tuttavia mi dico a che pro tradurlo? se non si vendono poi almeno 1500 copie non si pagherebbero neanche la spesa del traduttore e non credo in molti vogliano arrischiarsi

  2. Non ho capito niente, lo sai che ormai il sistema ci ha spappolato il cervello e che abbiamo una soglia dell’attenzione pari a quella di un criceto… Meno divagazioni e più sintesi, per cortesia. A metà articolo non si sa ancora di cosa parla questo benedetto libercolo.

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