Gli ultimi giorni a Lesbo sono stati all’insegna della violenza: bande di afghani e africani hanno imperversato per Moria azzuffandosi tra di loro e attaccando la polizia, tentando tra le altre cose provocatoriamente di tossire addosso agli agenti.
A tutto ciò si aggiunge una notizia appena riportata dalla stampa greca: 5000 ulivi sono stati abbattuti nei pressi del campo di Moria, a nord di Mitilene (capoluogo di Lesbo), luogo atto a ospitare solo tremila persone ma che negli ultimi anni ha dovuto accoglierne 50.000.
Si tratta di un atto vandalico che, oltre a causare un duro colpo all’economia locale, rappresenta un insulto all’identità greca. Il portale Turkika Nea (che riporta notizie dalla stampa turca) commenta lo sfregio con le parole dell’eroe nazionale Theodoros Kolokotronis (1770–1843) contro il chedivè d’Egitto Ibrahim Pascià, a conferma della tendenza, sempre più attuale nella pubblicistica greca, di assimilare gli immigrati (perlopiù mediorientali) agli “invasori” ottomani (lo si era visto anche nel caso dell’assalto a una chiesa ortodossa, avvenuto sempre a Lesbo il mese scorso)
“La tua minaccia di tagliare e bruciare i nostri ulivi, non è un atto di guerra. Noi non veneriamo i nostri alberi o le nostre case che hai distrutto pietra su pietra. Se tagli i nostri alberi e li bruci, la stessa terra che li ha nutriti ora se li riprenderà. E finché rimarrà un greco su questa terra, combatterà sempre per impedirti che essa diventi la tua terra”.